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16 Ottobre 1943: La Razzia del Ghetto e il Ricordo di un Bambino

Emanuele Di Porto, un testimone del rastrellamento del Ghetto di Roma, racconta la sua esperienza diretta avvenuta il 16 ottobre 1943, quando il nazismo colpì gli ebrei della capitale. All’epoca, aveva dodici anni e, affacciato alla finestra, vide un soldato tedesco portare via sua madre. Desideroso di salvarla, scese in strada e vide sua madre su un camion: lei lo supplicava di fuggire. Di Porto, però, era determinato a rimanere vicino a lei.

Un soldato tedesco lo afferrò e lo mise anch’esso sul camion, ma la madre, con una spinta, riuscì in qualche modo a farlo scendere. Per accontentarla, Emanuele iniziò a allontanarsi, camminando senza meta e temendo di essere riconosciuto. In quel momento, incappò in un camion carico di altri ebrei e, per paura di essere chiamato, si allontanò ulteriormente, trovando rifugio su un tram. Si rivolse al bigliettaio, rivelandogli di essere ebreo e di essere inseguito dai tedeschi. Il bigliettaio, con grande umanità, lo invitò a sedersi vicino a lui e gli offrì del cibo, prima di andare via, affidandolo al suo sostituto.

Di Porto rimase sul tram per due giorni e due notti, in un limbo di paura e speranza. Dopo tre giorni, un conosciuto, anch’esso ebreo, lo informò che suo padre era preoccupato per lui, pensando fosse stato catturato insieme alla madre. Questo lo portò a scendere dal tram e a cercare di riunirsi alla sua famiglia.

La testimonianza di Emanuele Di Porto è un potente monito sulla brutalità della persecuzione e sull’importanza della memoria storica per non dimenticare le atrocità del passato. La commemorazione del 16 ottobre ricorda non solo la deportazione di oltre mille ebrei ma anche il dramma di una comunità che ha subito perdite incommensurabili, con soli 16 sopravvissuti al campo di sterminio di Auschwitz. La sua narrazione mette in luce attimi di disperazione, ma anche di speranza e solidarietà, testimoniando un periodo buio della storia italiana e dell’umanità.

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