Gino Cecchettin, intervistato dal Corriere della Sera, esprime il suo profondo dolore e la sua sensazione di perdita a causa della brutale morte di sua sorella, Giulia. Sottolinea la gravità della situazione, affermando che la crudeltà e lo stalking dovrebbero essere riconosciuti, citando le centinaia di messaggi al giorno e le 75 coltellate inflitte a Giulia come chiari indicatori. Cecchettin descrive la sua quotidianità segnata dal dolore e la perdita di una parte della sua famiglia, evidenziando la strana sensazione di aver perso tutti.
Ribadisce la necessità di affrontare la violenza di genere non solo tramite sentenze, ma attraverso un cambiamento culturale profondo, maggiore formazione e rispetto reciproco. Si sente sconfitto in questo contesto e riconosce il lavoro del pubblico ministero, mostrando gratitudine verso gli inquirenti.
In riferimento all’avvocato di Filippo Turetta, colpevole del crimine, Cecchettin racconta di aver stretto la mano all’avvocato, pur essendo stato ferito da alcune affermazioni. Insiste che il paragone con Pablo Escobar è inappropriato, riscontrando l’argomento sulla premeditazione altrettanto fuori luogo. Dopo un chiarimento, sottolinea l’importanza di trovare un punto comune anche fra opinioni divergenti.
Riguardo al perdono, Cecchettin mette in evidenza che esso può provenire solo da una crescita personale significativa e ammette di non essere ancora pronto a perdonare. Spiega che, pur non essendo esperto di giurisprudenza, ritiene che Filippo debba pagare per il grave errore commesso. Pur sentendo la necessità di rispettare la decisione del giudice, nutre una visione negativa sul concetto di giustizia, ritenendo ogni pena insufficiente.
Durante le udienze, Cecchettin è rimasto a breve distanza da Turetta, ma non ha avvertito la necessità di porgli domande, conoscendo già la brutalità dell’azione commessa. Infine, dichiara di non aver contattato i genitori di Turetta, sottolineando che non avrebbe nulla da dire loro. La sua testimonianza riflette l’intenso dolore e la ricerca di significato in un contesto di devastazione familiare.