Venti dipendenti del Policlinico Riuniti di Foggia, inclusi medici e infermieri, sono oggetto di un’indagine per cooperazione in omicidio colposo collegato al decesso di Natasha Pugliese, una giovane di 23 anni. Natasha è morta il 4 settembre nella sala operatoria di chirurgia toracica a causa delle complicazioni derivanti da un incidente stradale avvenuto a Cerignola, avvenuto a giugno mentre si trovava su un monopattino elettrico. Dopo la sua morte, i familiari hanno aggredito il personale medico, costringendoli a barricarsi per proteggersi.
L’apertura dell’indagine è necessaria in vista dell’autopsia programmata dalla Procura di Foggia, che dovrà chiarire le cause della morte. Gli indagati hanno il diritto di nominare un proprio consulente per assistere all’autopsia, i cui risultati dovranno essere resi noti entro 90 giorni dal medico legale Vittorio Fineschi. La famiglia Pugliese, rappresentata dall’avvocato Francesco Santangelo, ha chiesto alla magistratura di indagare sulle cause della morte. L’accusa avanzata riguarda l’eventuale omicidio colposo, in base alla presunta omissione di prestazioni sanitarie tra il 16 agosto e il giorno del decesso.
Attualmente sono in corso tre inchieste: due da parte della Procura di Foggia, una sulle cause del decesso e l’altra sull’aggressione al personale medico e di vigilanza, e una terza interna del Policlinico. Dopo l’incidente nel reparto, i medici hanno denunciato un aumento della violenza negli ospedali, con una conseguente escalation di dimissioni da parte del personale per paura di aggressioni. Il direttore del Policlinico ha avvertito che tali rinunce potrebbero compromettere il servizio sanitario.
In risposta a questa situazione, gli operatori sanitari hanno indetto una manifestazione il 16 settembre davanti al Policlinico per protestare contro la violenza nelle corsie degli ospedali pugliesi. Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale Ordini dei medici, ha sottolineato l’importanza di assicurare al personale sanitario anche il diritto alla sicurezza per garantire un servizio efficiente. Ha messo in guardia rispetto al rischio di un abbandono massiccio da parte dei professionisti, il quale potrebbe compromettere la qualità dell’assistenza e la stabilità sociale nel paese.