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venerdì, 22 Novembre, 2024
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Risparmiare, Vincere e Licenziare De Rossi

Il caso di Daniele De Rossi, ex allenatore della Roma, solleva interrogativi significativi riguardo la gestione della squadra da parte dei dirigenti americani. La dirigenza, guidata da Dan Friedkin, non sembra comprendere appieno il significato della romanità e l’importanza che la passione per la maglia giallorossa ha per i tifosi. Per i cittadini di New York o Washington, essere romani e romanisti è un concetto estraneo, privo di quell’emozione che caratterizza il legame degli appassionati con la loro squadra.

De Rossi, cresciuto e formatosi sotto l’ala del club, ha vissuto il dolore e la gioia di essere tifoso prima di diventare mister. La sua cacciata, avvenuta senza preavviso, appare come una gestione fredda e distante, in linea con una logica economica piuttosto che con un sentimento di appartenenza. L’operato di Friedkin e della CEO Lina Souloukou, greca, mette in evidenza come la situazione attuale della Roma sia estranea ai valori tradizionali del calcio italiano.

La scelta di De Rossi era stata inizialmente volta a evitare un’immediata protesta dei tifosi dopo la cacciata di Mourinho. Tuttavia, questa strategia ha rivelato la sua inefficacia; l’ex giocatore è stato liquidato come un qualsiasi dipendente, senza il rispetto e la dignità che avrebbe meritato. La fretta di risparmiare sembra avere prevalso, portando a decisioni che ignorano la profondità del legame tra un allenatore, una squadra e la sua città.

In un calcio ormai globalizzato, dove i dirigenti possono essere di ogni nazionalità, l’italianità delle squadre e l’identità culturale dei loro giocatori si sono affievolite. L’orgoglio di avere in campo atleti che condividono le radici locali è stato sostituito da un focus su profitti e bilanci. Questo cambiamento ha delle conseguenze tangibili sulla condizione emotiva e competitiva delle squadre.

De Rossi, in particolare, rappresenta una figura simbolo di quel legame ormai in crisi. La sua breve esperienza come allenatore, segnata da decisioni dettate più dal risparmio che dalla passione, pone interrogativi sul futuro della Roma e sul ruolo dei tifosi nel nuovo corso della società. In un contesto dove la romanità viene messa da parte, il calcio perde parte della sua anima.

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