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Volontari Italiani: La Legione Antibolscevica in Russia

Il 24 settembre 1916, una nave partì dalla costa russa, trasportando il primo contingente di italiani prigionieri nei campi dello zar Nicola II, catturati mentre indossavano l’uniforme austriaca. Questi giovani provenivano da Trentino, Venezia Giulia, Istria e Dalmazia, e parlavano italiano. Sotto l’impero austroungarico, erano stati inviati a combattere sul fronte orientale. Il maggiore Cosma Manera e il commerciante Andrea Compatangelo, autoproclamatosi capitano, si presero a cuore la situazione di questi soldati, dando vita a due corpi militari: la Legione redenta di Siberia e il Battaglione Samara.

La prima missione di rimpatrio, che portò 1.700 prigionieri in Inghilterra, si svolse senza intoppi. Tuttavia, la situazione cambiò drasticamente nel 1917 con l’arrivo della rivoluzione russa. Manera, per garantire il rimpatrio degli uomini, si adoperò per trasferirli in piccoli gruppi verso Vladivostok, sotto il controllo dell’ammiraglio Kolčak. Nonostante le difficoltà e la mancanza di navi, Manera riuscì a riorganizzare i soldati italiani a Tien-Tsin e Pechino, dove formò un battaglione di volontari che si unì al Corpo di spedizione italiano in Estremo Oriente.

Compatangelo, che già operava in Russia, organizzò il Battaglione italiano Samara, armando e equipaggiando gli irredenti pronti a combattere per l’Italia. Insieme alla Legione Cecoslovacca, tentarono di attraversare la Siberia. L’impresa, avvenuta tra temperature polari, portò il battaglione a combattere contro i bolscevichi e nel 1919 il battaglione fu assemblato a Vladivostok, dove si sciolse nella Legione redenta di Siberia.

Il Corpo di spedizione italiano aveva il compito di proteggere la ferrovia Transiberiana e sostegno ai controrivoluzionari “bianchi”. I combattimenti continuarono fino all’estate del 1919, e alla fine furono avviate le operazioni di rimpatrio. Dopo difficoltà logistiche, il ritorno in Italia avvenne tra febbraio e aprile del 1920, con la Legione redenta che contava oltre tremila militari. Nonostante i successi e le promozioni di Manera, che morì nel 1958, molti soldati rimasero nei campi di prigionia, testimoniando le avversità subite durante la guerra.

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