Gesù, nel Vangelo di Matteo (Mt 6, 19-23), esorta i suoi discepoli a non accumulare tesori sulla terra, poiché questi sono vulnerabili a corrosione e furto. È un invito a concentrare le proprie aspirazioni su tesori spirituali, conservati nel cielo, dove non vi è degrado né pericolo di sottrazione. Questa idea è strettamente legata all’insegnamento del Qoelet, che esprime con il celebre motto “Vanità delle vanità” (Qo 1,2-11) come tutte le fatiche umane possano apparire insignificanti di fronte all’impermanenza della vita.
Gesù, richiamando il concetto di vanità, sottolinea che non c’è guadagno nella ricerca di beni temporali. In un’altra sezione (Luca 12:33–34), viene ribadita la raccomandazione di accumulare tesori nel cielo piuttosto che sulla terra, ripetendo l’importanza di fissare la propria attenzione su valori eterni. La base di questo insegnamento è la consapevolezza che il cuore dell’uomo segue ciò che considera come tesoro. Lì dove si trova il suo interesse principale, si trova anche il vero valore della sua vita.
Gesù invita i suoi discepoli, attraverso immagini evocative della natura, a riflettere sulla provvidenza divina. Parla degli uccelli del cielo, che non seminano né mietono, eppure sono nutriti dal Padre celeste. Questa metafora serve a evidenziare quanto valgano di più gli uomini rispetto a queste creature. In modo simile, Gesù si sofferma sui gigli del campo, che non si affaticano nel lavorare né filare, ma la loro bellezza supera quella di Salomone, il re noto per la sua grandezza e ricchezza. In questo modo, Egli invita il pubblico a fidarsi di Dio e della sua capacità di provvedere anche per coloro che possono sentirsi fragili e insicuri.
Infine, l’insegnamento di Gesù ci invita a riflettere sulla nostra fede e su come possiamo orientare i nostri desideri verso ciò che è realmente prezioso, ovvero verso un amore e una vita che trascendono i beni materiali e si rivolgono a valori spirituali e relazionali duraturi.
