In un’intervista con il Corriere della Sera, Alessandro Verri, capogruppo della Lega in Consiglio comunale a Milano e coordinatore dei giovani leghisti lombardi, ha rivelato di aver esagerato con il controverso striscione “Tajani scafista” esposto a Pontida. Verri ha ammesso che ci sono modi migliori per esprimere critiche e ha riconosciuto che l’atteggiamento adottato è stato inappropriato. “In realtà – ha affermato – noi rimaniamo convinti che la cittadinanza non si regala”, esprimendo la sua posizione sulla questione dell’immigrazione.
Ammettendo il suo errore, Verri ha detto: “Mi spiace. Con il senno di poi la situazione poteva essere gestita meglio…”. Si è giustificato con una nota di leggerezza, commentando: “Cosa vuole, siamo giovani. Devo ancora mangiarne di pastasciutta…”. La sua ammissione di colpa non è passata inosservata, e il leader della Lega, Matteo Salvini, ha attribuito l’incidente a “quattro scemi”. Quando il giornalista ha chiesto a Verri se si considerasse uno di quei “scemi”, lui ha risposto con onestà: “Sì, un po’ scemo lo sono visto com’è andata”.
Questo episodio solleva interrogativi sulle nuove generazioni della Lega, e osservando Verri e le sue dichiarazioni insieme a quelle di Vannacci, può sembrare che Salvini, in confronto, non risulti così male. La prospettiva di un futuro in cui i giovani leghisti sostituiscano politici come Calderoli e Borghezio può far sorgere nostalgia per le caratteristiche più moderate e pragmatiche di Salvini stesso. Verri esprime la visione giovanile e radicale della politica leghista, mentre molti, già in mancanza di Umberto Bossi e del suo celebre celodurismo, potrebbero cominciare a rimpiangere la razionalità dell’attuale leader.
L’intervista si chiude con un senso di inquietudine riguardo alla direzione che sta prendendo la Lega, mentre le nuove leve, con le loro dichiarazioni provocatorie, promettono una metamorfosi della politica del partito che potrebbe risultare sia audace che rischiosa per il suo futuro.