Zulfiqar Khan, imam pachistano della moschea di via Jacopo di Paolo a Bologna, è stato arrestato per essere espulso dall’Italia su decreto del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. La decisione è motivata da presunti timori per la sicurezza dello Stato, legati a posizioni ideologiche radicali adottate dall’imam, che ha manifestato una visione integralista del jihad, elogiando il martirio e i mujahidin nel contesto del conflitto israelo-palestinese, in particolare dichiarando il suo sostegno ad Hamas.
Secondo quanto riportato, Khan ha dimostrato un crescente fanatismo ideologico e una retorica caratterizzata da sentimenti antioccidentali, antisemiti, oltre ad opinioni omofobe e antifemministe. In un sermone, avrebbe esortato i musulmani a rifiutare il pagamento delle tasse allo Stato, affermando che le risorse devono restare nella comunità musulmana. Inoltre, avrebbe descritto l’omosessualità come “una malattia da curare”.
Khan, 54 anni, sosterebbe anche di avere legami con individui di ambienti islamici ultra-radicali, potenzialmente favorendo l’infiltrazione di gruppi politico-religiosi e para-terroristi a Bologna. Entrato in Italia nel 1995, aveva un permesso di soggiorno che è stato revocato con l’ordine di espulsione.
Il suo avvocato, Francesco Murru, ha denunciato la situazione come un ritorno a uno “stato di polizia”, sostenendo che le motivazioni degli attacchi contro Khan sono vaghe e prive di fondamento. Murru ha tenuto a sottolineare che l’imam è stato etichettato come socialmente pericoloso solamente per aver espresso opinioni personali relative al conflitto israelo-palestinese, simili a quelle di leader religiosi di altre fedi, che non sono stati sottoposti a espulsione.
A giugno, Khan aveva sporto denuncia per diffamazione contro alcuni politici, incluso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alessandro Morelli. Il suo caso ora attende la convalida in tribunale e potrà essere impugnato al Tar del Lazio. La difesa ritiene che l’atto di espulsione possa essere il risultato di pressioni politiche, in particolare quello di Matteo Salvini, che aveva pubblicamente chiesto la sua espulsione attraverso i social media.