I rifiuti di plastica stanno creando una “plastisfera”, un ambiente che favorisce la proliferazione di virus patogeni e batteri resistenti agli antibiotici, come ha evidenziato un articolo della rivista ‘Nature’. Con oltre 7 miliardi di tonnellate di plastica generate globalmente, di cui circa l’80% è disperso nell’ambiente, la plastisfera si sta rapidamente espandendo. Questa zona è particolarmente favorevole per i microrganismi, che tendono a colonizzare superfici plastiche. Ad esempio, si sono trovate oltre 80.000 diatomee in un solo centimetro quadrato di plastica marina.
La plastica marina ospita dieci volte la biomassa microbica rispetto a un metro cubo d’acqua oceanica aperta. Le plastiche non solo forniscono un habitat, ma assorbono anche sostanze chimiche diverse, che possono servire da nutrienti per i microbi, influenzando così i cicli biogeochimici di carbonio e azoto. Questi microrganismi possono contribuire alla produzione di gas serra come anidride carbonica, metano e protossido di azoto. Inoltre, la plastisfera è una fonte di vari patogeni, tra cui batteri e virus che possono compromettere la salute di piante, animali e umani.
Un caso preoccupante riguarda i batteri ‘Vibrio’, che, solitamente rari in mare aperto, sono diventati comuni nelle plastisfere dell’oceano Atlantico. Questi batteri possono causare malattie negli organismi marini e negli esseri umani. La plastisfera presenta anche una maggiore presenza di geni di resistenza agli antibiotici rispetto ad altre aree marine.
I virus presenti nella plastisfera mostrano una maggiore capacità di sopravvivenza e infettività. Inoltre, sono state trovate alghe dannose come la ‘Pseudo-nitzschia’, responsabile di avvelenamenti. La plastisfera, composta da frammenti di plastica di varie dimensioni, serve come vettore per microbiomi nocivi, che possono entrare negli ecosistemi e nella catena alimentare. Colture come grano e lattuga possono assorbire microplastiche trasportate dalle radici ai germogli, mentre particelle di plastica più grandi possono essere ingerite da pesci e altri animali.
Le microplastiche possono viaggiare longhe distanze attraverso corsi d’acqua e rotte commerciali, alterando la distribuzione naturale dei microbi e accelerando la diffusione di patogeni e resistenza antimicrobica, con possibili conseguenze negative sugli ecosistemi e sulla salute pubblica.