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venerdì, 22 Novembre, 2024
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Le procedure e i molteplici interrogativi giuridici

Erano diretti verso l’Italia, ma 16 migranti bengalesi ed egiziani intercettati in acque internazionali saranno i primi a essere ospitati nei centri per migranti in Albania. La nave Libra della Marina Militare li sta trasportando verso le strutture di Shengjin e Gjader, dove arriveranno mercoledì mattina. L’opposizione critica fortemente questa iniziativa del governo, accusandolo di sperperare un miliardo di euro di soldi pubblici e di violare i diritti umani.

Questa mossa è frutto di un accordo tra i premier Giorgia Meloni ed Edi Rama, che mira a gestire all’estero le richieste di asilo dei migranti con elevate probabilità di rimpatrio, nella speranza di dissuadere i viaggi verso l’Italia. Tuttavia, l’efficacia di questa strategia dovrà essere valutata dopo la conclusione delle procedure accelerate di frontiera, le quali potrebbero non essere approvate dai magistrati.

Nei centri di Shengjin e Gjader, già predisposti, gli migrants completeranno l’identificazione e lo screening sanitario. Solo i maschi adulti non vulnerabili provenienti da paesi considerati “sicuri”, come il Bangladesh e l’Egitto, potranno essere sottoposti a questa procedura accelerata. Chi fa domanda d’asilo sarà trasferito da Shengjin a Gjader, dove sono state realizzate tre strutture distinte: un centro di accoglienza per richiedenti asilo, un Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) e un penitenziario per chi commette reati.

Le strutture saranno sorvegliate da telecamere e police italiane garantiranno la sicurezza, con giurisdizione italiana all’interno del sito. È previsto il personale dell’Unhcr per assicurare il rispetto dei diritti dei rifugiati. La procedura dovrà concludersi entro quattro settimane: i migranti con diritto all’asilo verranno trasferiti in Italia, mentre quelli senza diritti saranno rimpatriati dopo la permanenza nel Cpr.

L’opposizione, rappresentata dalla segretaria del PD Elly Schlein e Nicola Fratoianni di Avs, esprime preoccupazioni riguardo alla legittimità dell’accordo, soprattutto dopo una sentenza della Corte di giustizia europea che stabilisce criteri più severi per considerare un Paese “sicuro”. Critiche che evidenziano la possibile trasformazione dei centri in luoghi di detenzione inumani.

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