L’inchiesta sulle relazioni tra le curve delle squadre milanesi e il tifo organizzato ha coinvolto il centrocampista dell’Inter, Hakan Calhanoglu. Interrogato dagli inquirenti della Questura di Milano, il giocatore ha fornito dichiarazioni sui rapporti con i leader della Curva Nord nerazzurra, nell’ambito di un’indagine che ha visto coinvolti figure del tifo organizzato, tra cui un ex capo ultras arrestato con l’accusa di associazione mafiosa. Calhanoglu è stato ascoltato al rientro dalla sosta per le Nazionali, dopo aver giocato con la Turchia, inclusa una partita di Nations League contro l’Islanda.
Sebbene non fosse formalmente indagato, Calhanoglu è stato sentito come persona informata sui fatti. Ha ammesso di avere contatti con l’ex capo ultras e altri leader, tra cui un detenuto per l’omicidio di Andrea Beretta, chiarendo però che questi contatti erano personali e non professionali. Ha spiegato che la sua relazione con il tifo organizzato era motivata da un sentimento di gratitudine per il supporto ricevuto dalla Curva Nord durante il terremoto in Turchia del febbraio 2023, quando era stato esposto uno striscione in suo onore.
Nonostante il legame si fosse intensificato dopo il gesto di solidarietà, il club Inter aveva consigliato a Calhanoglu di evitare contatti con il tifo organizzato a causa delle problematiche legate all’inchiesta. Le intercettazioni hanno rivelato che il giocatore ha mantenuto una certa frequentazione con i leader ultras, ma ha ribadito che queste interazioni erano di carattere personale.
La posizione di Calhanoglu è delicata, poiché le normative della giustizia sportiva regolano i rapporti tra calciatori e tifosi non ufficialmente riconosciuti. Il procuratore federale della FIGC, Giuseppe Chinè, ha aperto un fascicolo sul caso, in attesa del trasferimento degli atti dell’inchiesta dalla Procura di Milano a quella sportiva. Calhanoglu potrebbe essere accusato di violazione dell’articolo 25 del Codice di Giustizia Sportiva, che vieta ai tesserati di avere rapporti con gruppi di tifosi non riconosciuti. Le potenziali sanzioni variano da un’ammenda di circa 20.000 euro a una squalifica da una o più partite di campionato, in attesa della conclusione dell’indagine per stabilire l’entità delle eventuali sanzioni.