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venerdì, 22 Novembre, 2024
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Capodogli e zifi: la plastica scambiata per calamari

Le balene, che cacciano utilizzando onde sonore nelle profondità oceaniche prive di luce, potrebbero avere difficoltà a distinguere un palloncino di plastica da un calamaro, secondo uno studio condotto da Greg Merrill della Duke University e pubblicato su Marine Pollution Bulletin. Il 100% dei rifiuti di plastica analizzati presentava un’intensità acustica simile o superiore a quella delle prede di questi animali. Le balene, per localizzare il cibo nel buio delle profondità marine, emettono suoni attraverso una struttura simile a corde vocali e utilizzano un “melone” che si trova sopra la bocca per trasmettere questi suoni nell’acqua.

I suoni rimbalzano sugli oggetti acquatici e sono rilevati da speciali organi sensoriali nelle mascelle inferiori, inviando informazioni all’orecchio interno e al cervello. Questo sistema acustico ha assistito le balene per milioni di anni. Tuttavia, i rifiuti di plastica rappresentano un problema crescente negli oceani e sono comunemente trovati nel tratto digestivo di balene spiaggiate e altri animali marini. Merrill ha cercato di verificare se le balene potessero essere confuse dalla plastica analizzando le firme acustiche di oggetti di plastica tipici, raccolti dalle spiagge di Beaufort e Atlantic Beach, Carolina del Nord. I ricercatori hanno fatto subire i campioni di plastica test acustici utilizzando il transponder sonar della nave R/V Shearwater.

I test sono stati condotti usando un impianto a forma di “H” per mantenere i campioni a una certa profondità, eseguendo misurazioni a tre frequenze sonar diverse per simulare le differenze di “click” emesse da varie specie di balene. Sono stati analizzati anche calamari morti e frammenti di calamari recuperati dallo stomaco di un capodoglio deceduto per un confronto. I risultati hanno mostrato che i rifiuti plastici apparivano spesso come cibo potenziale per le balene. Gli autori dello studio hanno sottolineato che la varietà di tipi di plastica e le loro proprietà, come composizione chimica, forma e grado di incrostazione, possono influenzare le risposte acustiche.

Infine, Merrill ha suggerito che potrebbe essere possibile riprogettare alcuni materiali plastici affinché non emettano firme acustiche simili, ma ha avvertito che questa soluzione non sarebbe praticabile, poiché le reti da pesca già invisibili continuano a costituire un pericolo per le balene.

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