Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha recentemente discusso i costi del sistema di accoglienza per migranti in Italia, sottolineando che il Viminale spende annualmente 1,7 miliardi di euro per assistere persone che, nel 60-70% dei casi, vedono respinta la loro domanda di asilo. Durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi, dopo l’approvazione del decreto legge sui Paesi sicuri, ha messo in relazione queste spese con l’idea di istituire un centro migranti in Albania.
Piantedosi ha sollevato interrogativi sul costo di mantenere il sistema attuale rispetto all’ipotesi di trasferire parte dell’assistenza in Albania. Ha chiesto, ad esempio, quanto costa attualmente distribuire i migranti giornalmente da Lampedusa a Pozzallo o Porto Empedocle, evidenziando l’apparente illogicità di aumentare i costi dell’assistenza creando un centro migranti all’estero. Il ministro si è chiesto se non sarebbe stato più ragionevole costruire un centro in Italia o in una località più vicina ai punti di approdo dei migranti.
Il confronto tra le spese implica considerare se i viaggi da Lampedusa a porti siciliani possano davvero essere più costosi rispetto al trasferimento in Albania, che comporterebbe l’utilizzo di una nave militare. Piantedosi sembra suggerire che creare una nuova struttura in Albania, e trasferirvi i migranti, potrebbe non solo aumentare i costi ma apparire anche illogico dal punto di vista economico. La sua retorica rivela una preoccupazione per l’efficienza del sistema di accoglienza e per le risorse che vengono allocate in modo che, a suo avviso, non sempre producono risultati utili.
In sintesi, il ministro pone interrogativi sulla strategia adottata riguardo ai migranti, mettendo in evidenza l’incertezza sui costi reali di tali operazioni e criticando la decisione di spostare l’assistenza al di fuori dei confini italiani. Si evince, quindi, che il dibattito sulle politiche migratorie non riguarda solo l’accoglienza, ma anche la sostenibilità economica di queste pratiche.