Il morbo di Parkinson potrebbe avere origini intestinali, come suggerito da uno studio condotto dall’Università della California, Irvine. La ricerca evidenzia che i rifiuti del batterio Escherichia coli nel tratto intestinale possono causare la formazione di aggregati di alfa-sinucleina, proteine associate al Parkinson e presenti nel cervello dei pazienti. La malattia è caratterizzata da degenerazione neuronale, con l’accumulo di queste proteine tossiche nelle aree cerebrali responsabili del controllo motorio. Gli autori dello studio hanno sottolineato che ci sono evidenze che gli aggregati proteici possano viaggiare dall’intestino al cervello tramite il nervo vago, suggerendo che impedire la formazione di aggregati nell’intestino possa prevenire l’insorgere della malattia.
Un altro importante aspetto emerso dalla ricerca è il ruolo potenziale del caffè nel prevenire la formazione di aggregati proteici nelle cellule intestinali. Studi precedenti avevano già indicato che il consumo di caffè riduce il rischio di Parkinson. I risultati del team di Irvine potrebbero spiegare il meccanismo attraverso cui il caffè esercita un’azione protettiva.
Con l’aumento della comprensione delle origini intestinali degli aggregati di alfa-sinucleina, gli scienziati sperano di tracciare con maggiore precisione il percorso di queste proteine. L’intento è quello di etichettarle con molecole bioluminescenti, permettendo così il monitoraggio del loro movimento, dall’intestino ai neuroni, confermando il meccanismo ipotetico che collega l’intestino al cervello. È interessante notare che questi aggregati si trovano nell’intestino anni prima della comparsa dei sintomi del Parkinson, suggerendo una finestra di opportunità per intervenire precocemente.
In aggiunta, è stato notato che le persone con danni alla mucosa intestinale, come ulcere o esofagiti, hanno una probabilità significativamente superiore di sviluppare la malattia neurodegenerativa. Nuove evidenze a sostegno dell’ipotesi che il Parkinson possa originare dall’intestino emergono da uno studio pubblicato su Jama Network Open, il quale ha anche osservato la frequente presenza di problemi gastrointestinali tra i pazienti con disturbi neurodegenerativi, in particolare tra coloro affetti da Parkinson.