Firmato all’Aran il rinnovo del contratto 2022-2024 per il comparto Funzioni centrali, che coinvolge circa 195mila dipendenti dei ministeri, delle agenzie fiscali e di enti pubblici non economici come Inps e Inail. L’accordo è stato siglato da Cisl-Fp e dai sindacati autonomi Confsal Unsa, Flp e Confintesa Fp, mentre Fp-Cgil e Uil-Pa hanno deciso di non firmare. Le sigle firmatarie rappresentano una maggioranza del 54,6%.
Il contratto prevede un aumento retributivo medio di 165 euro mensili per tredici mensilità. Tra le novità principali, viene introdotta la possibilità di attuare la settimana corta, su quattro giorni, in modo sperimentale e volontario, mantenendo comunque le 36 ore settimanali.
Maurizio Landini, segretario della Cgil, ha espresso forti preoccupazioni riguardo alle condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti pubblici, sottolineando la necessità di una “vera rivolta sociale.” Durante un’assemblea nazionale dei delegati a Milano, ha annunciato che lo sciopero generale del 29 novembre rappresenta l’inizio di una mobilitazione più ampia, affermando che il sindacato cerca di influenzare la legge di bilancio per porre al centro della politica questioni fondamentali come salario, sanità e stabilità delle persone.
Landini ha esortato la politica a concentrarsi maggiormente su queste tematiche, affermando che l’obiettivo non è solo migliorare la legge di bilancio ma anche apportare cambiamenti significativi al resto del paese. Ha accennato anche alla possibilità di utilizzare referendum come strumento di mobilitazione per raggiungere tali obiettivi.
La divisione tra i sindacati è evidente, con la Cgil che sottolinea la necessità di una mobilitazione più forte, mentre altre sigle hanno accettato l’accordo. Questo scenario mette in luce le tensioni interne al mondo sindacale e le diverse strategie adottate per affrontare le problematiche del pubblico impiego. La proposta di una settimana corta rappresenta un cambiamento significativo nel modo di lavorare, ma resta da vedere come verrà attuata e accolta dai lavoratori. In conclusione, l’accordo rappresenta un passo avanti nella contrattazione collettiva ma le divergenze tra i sindacati potrebbero influenzare il futuro delle politiche sul lavoro e le relazioni industriali in Italia.