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giovedì, 14 Novembre, 2024
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La Corte di Roma sospende il rimpatrio dei migranti in Albania e trasferisce il caso all’UE

Il tribunale di Roma ha sospeso la convalida dei provvedimenti di trattenimento per sette migranti di origini egiziana e bengalese, trasferiti nel Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) in Albania. I giudici hanno rimesso la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE), evidenziando dubbi sulla compatibilità delle norme del ‘Dl Paesi sicuri’ con il diritto sovranazionale. Un ottavo migrante, considerato vulnerabile, è già stato rimandato in Italia.

La decisione di sospendere il giudizio è stata presa alla luce delle nuove disposizioni normative e segna un cambiamento rispetto all’interpretazione precedentemente adottata dal tribunale. Sebbene il giudice riconosca i diritti del legislatore nazionale, sottolinea l’importanza di garantire la corretta applicazione del diritto dell’Unione europea, che prevale su eventuali legislazioni nazionali incompatibili.

Il tribunale ha specificato che la designazione di uno Stato come Paese di origine sicuro è stabilita dal diritto dell’Unione europea. Anche se un Paese è escluso da tale categoria, ciò non impedisce che un migrante la cui domanda di asilo sia stata respinta venga rimpatriato o espulso, qualora non rispetti i requisiti di legge per restare in Italia. La sospensione del giudizio non ferma il termine di quarantotto ore per l’efficacia dei trattenimenti disposti dalla Questura, il che implica il ritorno dei migranti in Italia.

Matteo Salvini, vicepremier e ministro, ha criticato la sentenza, definendola “politica” e sostenendo che essa danneggia la sicurezza dei cittadini italiani. Ha aggiunto che il governo ha il diritto di difendere i confini e reagire alle decisioni giudiziarie, temendo ripercussioni personali da parte della magistratura.

In contrasto con la posizione del governo, il Tavolo Asilo e Immigrazione ha commentato la decisione dei giudici, descrivendo gli sforzi per implementare il “Dl Paesi sicuri” come fallimentari e contrari ai diritti fondamentali dei richiedenti asilo e rifugiati. Hanno osservato che tali eventi dimostrano la necessità di riconsiderare le politiche attuate, che non dovrebbero sacrificare i diritti umani sull’altare di presunti interessi pubblici.

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