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sabato, 23 Novembre, 2024
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Madre affoga la figlia di 10 mesi nella vasca e poi tenta il suicidio

A Nole Canavese, in provincia di Torino, una tragica vicenda ha coinvolto una madre che ha ucciso la sua bambina di 10 mesi, annegandola nella vasca da bagno della loro abitazione. Dopo aver commesso l’orrendo gesto, la donna ha tentato di suicidarsi trafiggendosi il torace con un coltello da cucina. L’allerta è stata data dal marito, che tornando a casa ha scoperto la scena e ha tentato senza successo di rianimare la figlia, quindi ha contattato il 112. Quando i soccorsi sono arrivati, la madre era già gravemente ferita e è stata trasportata in elisoccorso all’ospedale di Torino, dove le sue condizioni non sono risultate critiche, ma resta sotto osservazione.

La donna, secondo le prime ricostruzioni, soffriva di problemi psicologici da lungo tempo. Era in cura da oltre un anno e aveva un appuntamento con uno psicologo per quel pomeriggio. Le fonti investigative rivelano che aveva manifestato difficoltà psicologiche sin dai primi mesi di gravidanza. Questo triste evento ha scosso la comunità locale, evidenziando ancora una volta le problematiche legate alla salute mentale.

Il caso ha sollevato interrogativi sul supporto e il trattamento di donne in difficoltà psicologiche durante e dopo la gravidanza. La notizia ha fatto emergere una forte preoccupazione riguardo la vulnerabilità di alcune madri e la necessità di garantire assistenza adeguata e tempestiva. La comunità si stringe attorno alla tragedia, con cittadine e cittadini che si interrogano su come si possa prevenire simili episodi in futuro, enfatizzando l’importanza di ascoltare e supportare le famiglie che attraversano momenti di crisi.

La storia di questa famiglia rappresenta un campanello d’allarme riguardo alla salute mentale e al benessere, in particolare per le madri. La speranza è che situazioni del genere possano essere evitate attraverso una maggiore consapevolezza e un sistema di supporto più forte per chi ne ha bisogno. La tragedia rimarrà impressa nella memoria collettiva come un monito sulle conseguenze delle malattie mentali non trattate.

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