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lunedì, 25 Novembre, 2024
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Alzheimer: uno spray nasale che ne posticipa l’insorgenza di 10 anni

L’Alzheimer è la forma più comune di demenza e rappresenta una delle più grandi sfide per la medicina moderna. Si prevede che i casi triplicheranno entro il 2050, raggiungendo 152 milioni di persone nel mondo. I ricercatori stanno sviluppando nuovi trattamenti, e uno spray nasale sperimentale potrebbe rappresentare una svolta, con la capacità di ritardare la progressione della malattia fino a oltre 10 anni. Questo spray, sviluppato dal Texas A&M University College of Medicine, ha mostrato risultati promettenti nei modelli murini.

L’Alzheimer costituisce circa il 70% dei casi di demenza, con conseguente deterioramento cognitivo e perdita di memoria, influenzando gravemente la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie. Le attuali terapie, come gli anticorpi monoclonali (es. lecanemab e donanemab), mirano a ridurre le placche beta-amiloidi, ma sono costose, comportano effetti collaterali e non sono ampiamente disponibili. Lo spray nasale potrebbe offrire un’alternativa più accessibile, affrontando l’infiammazione cerebrale e regolando l’attività delle cellule immunitarie.

Il trattamento utilizza vescicole extracellulari derivate da cellule staminali per ridurre l’infiammazione nel cervello. Le microglia e gli astrociti, che normalmente proteggono i neuroni, diventano dannose nell’Alzheimer. Nei test su topi, due dosi dello spray hanno mostrato una significativa riduzione dell’infiammazione e delle placche di beta-amiloide, con miglioramenti nelle funzioni cognitive e comportamentali, in particolare nell’ippocampo, che è cruciale per la memoria.

A differenza degli attuali trattamenti, lo spray agisce sull’infiammazione e ha mostrato risultati senza effetti collaterali significativi. Ha migliorato l’espressione genica delle microglia, riducendo proteine dannose pur mantenendo la loro capacità di rimuovere le placche. Tuttavia, lo spray è ancora in fase sperimentale e richiede ulteriori ricerche cliniche per verificarne l’efficacia sull’uomo.

Esperti come Courtney Kloske e Clifford Segil avvertono che, mentre i risultati preliminari sono promettenti, la complessità della microglia e la necessità di migliorare la memoria nei pazienti sono sfide cruciali. Solo studi futuri potranno confermare se questo trattamento potrà rivoluzionare la lotta contro l’Alzheimer.

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