La Legge di bilancio 2025 introduce importanti cambiamenti nel sistema pensionistico italiano, con un impatto particolare su chi ha accumulato 20 anni di contributi. I nuovi requisiti di età, i benefici per le donne con figli e l’aumento dei minimi pensionistici possono favorire alcuni lavoratori, ma penalizzano chi ha carriera contributive più brevi. È fondamentale analizzare le modalità di accesso alla pensione, tra cui la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata contributiva, per comprendere meglio l’impatto delle nuove norme.
La pensione di vecchiaia, una delle opzioni più comuni, richiede un’età minima di 67 anni e almeno 20 anni di contributi. Tuttavia, per i lavoratori che hanno iniziato a versare i contributi dopo il 31 dicembre 1995, la pensione deve essere almeno pari all’assegno sociale, che nel 2024 era di 534,41 euro al mese e aumenterà nel 2025 a circa 540 euro. Questo requisito rappresenta una sfida significativa, in particolare per chi ha carriere lavorative discontinue.
Le donne possono beneficiare di nuove opportunità grazie a misure legate alla maternità. Per le lavoratrici che hanno iniziato a versare dopo il 31 dicembre 1995, è prevista la possibilità di anticipare l’uscita dal lavoro. In particolare, è possibile ridurre l’età pensionabile di 4 mesi per ogni figlio, fino a un massimo di 16 mesi per chi ha avuto quattro o più figli. Ciò significa che l’età minima per pensionarsi può scendere a 65,8 anni.
Per quanto riguarda la pensione anticipata contributiva, questa è accessibile a 64 anni con 20 anni di contributi. Tuttavia, anche qui ci sono requisiti stringenti: l’importo della pensione deve essere almeno triplo rispetto all’assegno sociale. Le donne hanno condizioni più favorevoli, poiché l’importo minimo della pensione può essere ridotto a 2,6 volte l’assegno sociale nel caso abbiano avuto più di un figlio.
Le modifiche del 2025 non sono tutte vantaggiose; i lavoratori con carriere brevi potrebbero trovarsi in difficoltà. L’aumento dell’assegno sociale, sebbene sembri positivo, può complicare l’accesso ai requisiti minimi per la pensione. Inoltre, i coefficienti di trasformazione, aggiornati ogni due anni e influenzati dall’aspettativa di vita, possono rendere più difficile l’accesso al sistema previdenziale, aggravando ulteriormente la situazione per i pensionandi.