Uno studio pubblicato sulla rivista Communications Biology ha mirato a sviluppare un modello di Intelligenza Artificiale (IA) in grado di prevedere lo sviluppo degli organoidi, attraverso l’analisi delle loro fasi iniziali. La ricerca, condotta da scienziati della Kyushu University, della Nagoya University e dell’Università di Kyushu in Giappone, è stata guidata da Hidetaka Suga. Il team ha creato un sistema di deep learning per analizzare come gli organoidi, ovvero tessuti miniaturizzati coltivati in laboratorio che imitano la struttura e la funzione dei tessuti biologici, possano svilupparsi. Questi organoidi stanno trasformando la ricerca biomedica, con potenziali applicazioni nei trapianti e nello studio di malattie come l’Alzheimer e il cancro.
Per il loro studio, i ricercatori hanno addestrato il sistema utilizzando 1200 immagini in campo chiaro di diverse categorie di qualità , mentre altre 300 sono state impiegate per il test del modello. In particolare, si sono concentrati sugli organoidi ipotalamo-ipofisari che replicano le funzioni della ghiandola pituitaria, coinvolta nella produzione di ormone adrenocorticotropo (ACTH), cruciale per la regolazione dello stress e del metabolismo. La mancanza di questo ormone può causare affaticamento e anoressia. Gli organoidi, derivati da cellule staminali, sono influenzati anche da piccoli cambiamenti ambientali, creando variabilità nel loro sviluppo e qualità .
Durante la ricerca, è stato osservato che un’ampia espressione di una proteina chiamata RAX all’inizio dello sviluppo potrebbe indicare una buona progressione. Suga ha sottolineato la possibilità di modificare geneticamente gli organoidi per rendere fluorescente la proteina RAX, sebbene questo non sia praticabile per organoidi destinati all’uso clinico. Hirohiko Niioka, altro autore dello studio, ha evidenziato come i modelli di deep learning analizzino e categorizzino grandi quantità di dati per identificare schemi, mimando il modo in cui il cervello umano elabora le informazioni.
Il modello di IA ha classificato le immagini degli organoidi con una precisione del 70%, mentre la percentuale di successo dei ricercatori era inferiore al 60%. Gli autori sperano di migliorare l’accuratezza del modello addestrandolo su un dataset più ampio, con potenziali implicazioni significative per la ricerca sugli organoidi, consentendo di selezionare più facilmente strutture di alta qualità e riducendo tempi e costi.