Un testimone protetto ha raccontato in aula un episodio che coinvolge un accademico italiano creduto all’epoca appartenere alla Cia o al Mossad. Il maggiore Magdi Ibrahim Abdel Sharif ha dichiarato che la situazione era problematica a causa della popolarità dell’accademico presso la gente comune. Il testimone ha riferito di aver sentito una conversazione di uno degli imputati in un ristorante a Nairobi nel settembre del 2017, in cui si discuteva dell’accademico e del suo presunto sequestro e omicidio. Durante questa discussione, sono emersi riferimenti all’ingerenza dell’Unione Europea in questioni locali, in un periodo caratterizzato da proteste dopo le elezioni in Egitto.
Il caso riguarda il sequestro e l’omicidio di Giulio Regeni, un ricercatore italiano avvenuto nel 2016 a Il Cairo. Attualmente, sono imputati nel processo quattro agenti dei servizi segreti egiziani. La giudice ha anche letto un’ordinanza per acquisire gli atti di altri tre cittadini egiziani che hanno dichiarato di non potersi presentare in aula per timore di ritorsioni nel loro Paese.
Al processo, il testimone ‘Delta’, un artigiano egiziano che fu arrestato lo stesso giorno di Regeni, ha testimoniato di essere stato torturato e di aver vissuto esperienze traumatiche durante la detenzione. I suoi racconti pongono l’accento sull’atmosfera di paura e violenza che caratterizza il contesto egiziano, in cui le voci dissenzienti sono spesso silenziate. La testimonianza del testimone offre uno spaccato della repressione che si verifica nel Paese e della complessità di una situazione in cui la paura e le minacce impediscono a molti di parlare liberamente.
Il processo continua, e con esso si cerca di fare chiarezza su uno dei casi di sparizione e omicidio più eclatanti che ha attirato l’attenzione internazionale, sottolineando la necessità di giustizia e verità per Regeni e la sua famiglia. La testimonianza del testimone rappresenta un passo cruciale per il prosieguo del processo e per l’accertamento delle responsabilità .