Sarebbe rassicurante pensare che i problemi economici siano meno rilevanti e che l’Europa, in quanto continente ricco, possa affrontare un declino gestito. Tuttavia, questa visione non è confortante. Se l’Unione Europea continua a crescere con un tasso di produttività stagnante dal 2015, l’economia rimarrà invariata nei prossimi 25 anni. Questo scenario implica entrate fiscali fisse e surplus necessari per contenere il debito, mentre le spese pubbliche, in particolar modo quelle pensionistiche, che nei paesi dell’UE ammontano tra il 150% e il 500% del PIL, non subiranno un calo proporzionale al PIL. Inoltre, l’UE dovrà investire tra 750-800 miliardi di euro all’anno in settori chiave come l’energia, la difesa e la digitalizzazione, senza dimenticare la necessità di affrontare il cambiamento climatico.
L’ex presidente della BCE, Mario Draghi, ha sottolineato la necessità di modificare sia le politiche strutturali sia quelle macroeconomiche per stimolare la crescita in Europa. Ha evidenziato che le riforme di mercato devono coesistere con politiche macroeconomiche efficaci per massimizzare la crescita della produttività. Le riforme strutturali, che in passato si concentravano sulla flessibilità del mercato del lavoro, devono ora focalizzarsi sulla riqualificazione delle persone per aumentare la produttività.
Draghi ha proposto diverse misure che potrebbero incrementare la produttività, sottolineando l’importanza del mercato unico europeo e del mercato dei capitali come strumenti chiave per stimolare la crescita. Se le riforme strutturali venissero implementate, ci sarebbero notevoli progresso. Tuttavia, richiederà tempo prima che tali riforme diano risultati tangibili. Pertanto, è fondamentale considerare come utilizzare più efficacemente le politiche macroeconomiche nel frattempo.
Una delle proposte include l’emissione di debito congiunto da parte dell’UE per ampliare lo spazio fiscale, permettendo di affrontare i periodi di crescita sotto le potenzialità. Senza un debito comune, è essenziale muovere l’azione politica verso il miglioramento della composizione della politica fiscale, aumentando gli investimenti pubblici e il coordinamento tra gli Stati membri. Draghi conclude affermando che sfruttare il margine fiscale all’interno delle nuove regole fiscali dell’UE potrebbe generare significativi investimenti pubblici, quantificabili in circa 700 miliardi di euro se tutti i paesi massimizzassero il periodo di aggiustamento settennale.