Ormai si assiste a una corsa sfrenata verso il centro della politica, considerato un modo per ottenere prestigio e un seggio in Parlamento. L’esigenza di una rappresentanza moderata si fa sentire, specialmente in un contesto dominato dal bipolarismo, dove emerge la voglia di abbandonare gli scontri diretti e il ricorrere a strategie più equilibrate. In questo scenario, emerge un desiderio collettivo per un ritorno all’idea di una Democrazia Cristiana, sebbene trasformata dai tempi moderni.
Politici e potenziali tali si affannano a dimostrare la propria centralità , con la convinzione che essere “più al centro” rappresenti la chiave per il successo. Tra i protagonisti c’è il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che ha idee chiare sul tema. Egli sostiene che non basti una semplice foto per realizzare un schieramento ampio e unito.
Allo stesso tempo, altri nomi affiorano nella scena: Carlo Calenda e Matteo Renzi, attori “storici” che hanno subito un forte ridimensionamento delle loro ambizioni. La figura del prefetto Franco Gabrielli, così come quella di Ernesto Maria Ruffini, dimessosi di recente dalla direzione dell’agenzia delle entrate, sono indicate come possibili candidati per un nuovo centro.
Ruffini, in particolare, è al centro di voci secondo cui potrebbe puntare a un ruolo di rilievo in Parlamento. Tuttavia, egli smentisce queste voci, lasciando aperto il dubbio sulla sua reale intenzione. Matteo Renzi, sempre in cerca dell’ultimo treno verso il moderatismo, potrebbe trovarsi in una posizione critica. Malgrado le sue difficoltà a convincere gli elettori, non si arrende, soprattutto alla luce di una recente normativa che limita i finanziamenti esteri ai politici, mettendo a rischio la sua sostenibilità politica.
La sua preoccupazione è evidente: se il centro continuasse a respingerlo, potrebbe perdere anche le risorse economiche provenienti dalle sue conferenze all’estero, lasciandolo solo con un possibile futuro in Parlamento, sempre che continui a ricevere consensi. In sintesi, la corsa al centro rappresenta un tentativo disperato di ripristinare un clima politico più moderato e meno conflittuale, rispondendo a un bisogno collettivo di stabilità e rappresentanza.