La procuratrice generale Francesca Nanni ha rifiutato la richiesta di domiciliari per Abedini Najafabani, ingegnere iraniano detenuto in Italia dal 16 dicembre su richiesta degli Stati Uniti. Negli ultimi giorni, non sono pervenuti alla procura nuovi documenti dalla difesa né richieste di estradizione dall’America. Secondo fonti giudiziarie, se non ci saranno “novità”, la Procura non intraprenderà ulteriori azioni fino all’udienza del 15 gennaio davanti alla Corte d’Appello, che dovrà esaminare l’istanza presentata dall’avvocato Alfredo Di Francesco. La procuratrice non ha ritenuto sufficienti le garanzie offerte dall’Ambasciata iraniana riguardo al rischio di fuga, dopo il parere inizialmente negativo.
Fino all’udienza, la posizione della procura potrebbe, in teoria, mutare, permettendo così a Najafabani di lasciare il carcere di Opera. Gli Stati Uniti hanno accusato Najafabani di aver sostenuto i Pasdaran di Teheran nell’acquisizione di componenti tecnologiche a duplice uso, utilizzate sui droni del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione, tra cui un sistema di navigazione che ha causato, il 28 gennaio 2024, la morte di tre soldati americani in un avamposto giordano.
In aggiunta, fonti qualificate hanno chiarito che presso la Procura è aperto un fascicolo senza indagati né ipotesi di reato. Questo fascicolo non riguarda l’arresto in sé, ma è una prassi comune in situazioni di estradizione. La stessa procedura vale anche per l’imprenditore Artem Uss, in una situazione simile. Attualmente, il fascicolo è “immobile”, il che implica che non sono state effettuate attività d’indagine. Si procederà solo nel caso emergano nuove circostanze che richiedano accertamenti. In sintesi, per ora, l’iter giudiziario di Najafabani resta in attesa, con la possibilità che eventuali sviluppi futuri possano influenzare la sua detenzione e la questione estradizionale.
