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sabato, 11 Gennaio, 2025
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I fossili narrano la conclusione dell’era glaciale di 300 milioni di anni fa

Studiare il riscaldamento globale del passato è fondamentale per comprendere i cambiamenti climatici attuali. La Terra ha attraversato vari periodi climatici, alternando glaciazioni e fasi di riscaldamento globale che hanno influenzato l’evoluzione degli organismi. Un’importante glaciazione si è verificata nel tardo Paleozoico, circa 300 milioni di anni fa, e il suo scioglimento ha portato alla quasi totale scomparsa dei ghiacciai, con rilevanti effetti sulla biodiversità.

Un team internazionale di scienziati, tra cui ricercatori dell’Università Statale di Milano, della Sapienza Università di Roma e dell’Università di St. Andrews, ha studiato la glaciazione del tardo Paleozoico e il conseguente riscaldamento globale per analizzare l’emergenza climatica attuale. I risultati, pubblicati su Nature Geoscience, ricostruiscono per la prima volta i livelli atmosferici di CO2 su un periodo di 80 milioni di anni.

Tradizionalmente, l’atmosfera del passato è analizzata attraverso bolle d’aria intrappolate nelle calotte polari, consentendo di ricostruire le variazioni climatiche fino a 800 mila anni fa. Questo studio ha affrontato la sfida di esaminare un periodo che va da 340 a 260 milioni di anni fa attraverso i fossili di brachiopodi, invertebrati marini abbondanti nel Paleozoico.

Le analisi hanno rivelato che i livelli di CO2 erano legati all’evoluzione e al declino della glaciazione. Durante la formazione delle calotte polari, i livelli di anidride carbonica erano bassi, mentre l’aumento della CO2, causato da intensa attività vulcanica, ha corrisposto a un riscaldamento globale e alla riduzione dei ghiacciai, con un incremento della temperatura superficiale degli oceani fino a 4°C.

Oggi, simili tendenze si osservano a causa del riscaldamento atmosferico da CO2 e metano, portando a una riduzione dei ghiacciai e delle calotte. I fossili e le caratteristiche geochimiche offrono informazioni preziose per ricostruire il clima del passato. Le conchiglie dei brachiopodi, per esempio, registrano la composizione chimica dell’acqua marina, influenzata dalla quantità di CO2. Misurando elementi come boro e stronzio nelle conchiglie fossili e utilizzando modelli matematici, i ricercatori hanno potuto stimare con precisione i livelli di CO2 dell’epoca.

Studi come questo sottolineano l’importanza dei fossili come archivi per comprendere i cambiamenti climatici e rappresentano una risorsa per sviluppare modelli predittivi sull’impatto attuale sulla biodiversità.

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