Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha lanciato un allarme sul debito pubblico globale, le cui previsioni sono allarmanti, e l’Italia è tra i Paesi maggiormente colpiti. Attualmente, il debito pubblico globale supera i 100.000 miliardi di dollari, corrispondente al 93% del PIL mondiale, con previsioni che indicano un possibile aumento al 100% entro il 2030. Questa situazione porta a una pressione fiscale insostenibile, con la necessità di aumentare le tasse per coprire i pagamenti degli interessi e le restituzioni del capitale. Tale aumento della tassazione comprometterà anche gli investimenti nei servizi pubblici essenziali come educazione e sanità, poiché gran parte del bilancio sarà destinato al rimborso del debito.
Il FMI ha sottolineato che i creditori stanno già esigendo rendimenti più elevati per compensare i maggiori rischi associati a questi livelli di debito, aumentando ulteriormente i costi di finanziamento per i Paesi indebitati. La situazione è talmente critica che la Commissione Europea ha avviato una procedura per deficit eccessivo contro l’Italia e altri Stati membri, esigendo misure correttive per ridurre i disavanzi.
Nonostante l’attenzione globale sia spesso rivolta ad altre crisi, come guerre o cambiamenti climatici, la crisi del debito è una problematica urgente che non può essere trascurata. Il debito pubblico include quanto uno Stato deve a soggetti nazionali o esteri, derivante da obbligazioni o titoli di stato emessi per soddisfare le necessità finanziarie del Paese. Negli anni, questo debito si accumula, assieme agli interessi, alimentando un ciclo difficile da interrompere.
Il FMI invita i Paesi con alti livelli di indebitamento, tra cui l’Italia, a intraprendere misure correttive prima che la situazione diventi insostenibile. Un’elevata esposizione debitoria non solo limita la capacità di risposta a future crisi, ma riduce anche le possibilità di investire in crescita economica, portando a rischi di crisi economica. Secondo alcune stime pessimistiche, il debito potrebbe raggiungere il 115% del PIL già nel 2026. La situazione richiede un’attenzione immediata e azioni concrete per evitare esiti disastrosi.