Zulfiqar Khan, imam pachistano della moschea di via Jacopo di Paolo a Bologna, è stato portato in Questura per essere espulso dall’Italia. Il suo avvocato, Francesco Murru, ha denunciato questa situazione come un “ritorno a uno stato di polizia” e come un fatto che colpisce la libertà di opinione. Secondo il decreto di espulsione firmato dal Ministero dell’Interno, Zulfiqar Khan ha mostrato un’inclinazione verso una visione integralista della jihad, esaltando il martirio e le gesta dei mujahidin nel conflitto israelo-palestinese e dichiarando il suo supporto ad Hamas. Matteo Salvini, vicepremier e leader della Lega, ha commentato soddisfatto l’allontanamento, affermando che finalmente “lo abbiamo rispedito a casa”.
Il provvedimento di allontanamento è stato giustificato dal crescente fanatismo ideologico di Khan e dalla sua propensione a posizioni radicali di stampo islamista, caratterizzate da un forte risentimento antioccidentale, antisemitismo e retorica omofoba e antifemminista. Il decreto, firmato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, è il risultato di approfondimenti che hanno rivelato contatti di Zulfiqar Khan con individui coinvolti in attività investigative legate all’Islam ultra-radicale, e ciò ha sollevato preoccupazioni riguardo alla sua capacità di facilitare l’infiltrazione di organizzazioni politico-religiose e para-terroristiche nel territorio bolognese.
Il Viminale ha sottolineato che l’espulsione è stata decisa per garantire la sicurezza dello Stato e la protezione della comunità, oltre a prevenire possibili attività terroristiche. Inoltre, è stato stabilito che Zulfiqar Khan non potrà rientrare nel territorio italiano e nell’area Schengen per un periodo di dieci anni. Questa misura sottolinea l’attenzione delle autorità italiane nel monitorare e gestire le minacce legate al radicalismo e alla sicurezza nazionale, evidenziando la necessità di affrontare con fermezza le ideologie che possono mettere in pericolo la convivenza sociale e la sicurezza pubblica.