Matteo Renzi è stato prosciolto dal gup di Firenze, Sara Farini, nell’ambito dell’inchiesta sulla fondazione Open, creata per sostenere le iniziative politiche del leader di Italia Viva quando era segretario del Partito Democratico. Con Renzi sono stati prosciolti anche Maria Elena Boschi e altri nove indagati, tra cui l’ex ministro Luca Lotti, l’imprenditore Marco Carrai e l’avvocato Alberto Bianchi. Renzi, Boschi e Carrai erano accusati di finanziamento illecito ai partiti. Le ipotesi di reato contestate dalla procura includevano anche traffico di influenze, corruzione, autoriciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Secondo l’accusa, la fondazione Open, di cui Bianchi era presidente e il consiglio di amministrazione comprendeva anche Boschi, Lotti e Carrai, avrebbe operato come una vera e propria articolazione di partito, in particolare della corrente del Pd legata a Matteo Renzi. La procura stima che circa 3,5 milioni di euro siano stati versati nelle casse dell’ente dal 2014 al 2018 in violazione delle norme sul finanziamento ai partiti. Renzi ha sempre contestato le accuse e ha intrapreso una battaglia legale contro i pubblici ministeri coinvolti nell’inchiesta.
L’udienza preliminare è iniziata il 3 aprile 2022 e ha durato oltre due anni, durante i quali è stato presentato un ricorso alla Corte Costituzionale per conflitto di poteri. Oggi in aula, il procuratore aggiunto Luca Turco, titolare dell’inchiesta insieme al pm Aldo Nastasi, ha concluso la sua attività giuridica, poiché andrà in pensione il 24 dicembre. La decisione del gup rappresenta un’importante svolta per Renzi e gli altri coinvolti, ma non cancella le polemiche e le tensioni derivanti da questa indagine, che ha sollevato domande sul finanziamento politico e sulla trasparenza nella gestione delle fondazioni legate ai partiti. Questo proscioglimento potrebbe influenzare le dinamiche politiche future in Italia e riflette il clima attuale di sfide legali e politiche per i leader di partito.
