Freddie Owens, un uomo di 46 anni, è stato giustiziato in Carolina del Sud attraverso iniezione letale, segnando il primo caso di pena di morte nello Stato dopo un’attesa di 13 anni. La sua condanna risale al 1999, a seguito dell’omicidio di Irene Graves, una commessa di 41 anni, avvenuto durante una rapina in un minimarket a Greenville nella notte di Halloween del 1997.
Secondo i rapporti dei media statunitensi, Owens è stato dichiarato morto alle 18:55 ora locale. Nonostante le sue richieste di grazia siano state respinte dal governatore Henry McMaster, e la Corte Suprema abbia negato la sospensione dell’esecuzione, Owens ha continuato a sostenere la sua innocenza. Durante il processo, il coimputato Steven Golden, che aveva ricevuto una pena più lieve in cambio della sua testimonianza, indicò Owens come l’uomo armato che sparò a Graves. Le immagini di sorveglianza mostravano due rapinatori con le maschere entrare nel negozio intorno alle 4 del mattino, rubando 37 dollari e portando Graves nel retro del locale. Qui, la commessa fu colpita alla testa quando non riuscì ad aprire una cassaforte.
Tuttavia, prima dell’esecuzione, Golden ha ritrattato la sua testimonianza, affermando di aver mentito per salvarsi dalla camera di morte, una dichiarazione che ha suscitato nuove controversie sul caso di Owens. La questione della pena di morte è complessa negli Stati Uniti, con una crescente attenzione alle implicazioni etiche, legali e sociali di tali condanne.
Il caso di Owens ha riacceso il dibattito sulla giustizia penale, il suo diritto di appellarsi e sull’affidabilità delle testimonianze in tribunale. Si tratta di un episodio che mette in luce i possibili errori giudiziari e il rischio di condannare innocenti, specialmente in situazioni in cui la testimonianza di un coimputato diventa cruciale per il verdetto finale. La giustizia per le vittime è essenziale, ma è ugualmente importante garantire che i diritti degli accusati vengano rispettati, evitando così di infliggere punizioni a chi potrebbe essere innocente.