Ora che i genitori di Cecilia Sala hanno richiesto il silenzio stampa riguardo l’arresto e la detenzione della loro figlia nel carcere di Evin, in Iran, è appropriato rispettare questa richiesta. D’ora in poi, chi si occupa di informazione dovrebbe astenersi dal violare questa regola, per proteggere l’incolumità della collega, colpevole solamente di aver svolto il proprio lavoro con serietà. La domanda su perché mantenere il silenzio su Cecilia Sala è fondamentale; in tali circostanze, le speculazioni non giovano a chi deve beneficiare delle operazioni diplomatiche. Affermare di sostenere i genitori e poi continuare a alimentare voci per cercare scoop inutili è controproducente.
La libertà di stampa, garantita dall’articolo 21 della nostra Costituzione, è sacrosanta, ma ciò non giustifica l’andare oltre le norme e produrre conseguenze negative. Recentemente, “Blitz” ha trattato il caso enfatizzando la mancanza di libertà di stampa in Iran, il Paese che ha incarcerato Cecilia. Questo principio di libertà non dovrebbe risultare un ulteriore peso per chi soffre e chiede giustizia, poiché la giornalista non ha violato alcuna legge.
L’articolo ha avuto risonanza internazionale, raggiungendo anche l’Europa e oltre Oceano. Un gruppo di giornalisti uruguaiani che pubblicano un quotidiano in italiano ha riconosciuto il valore del nostro articolo, considerandolo un esempio utile per i giovani aspiranti giornalisti. Inoltre, da Spagna, gli studenti Erasmus intendono discutere l’argomento in un dibattito coinvolgente per universitari di lingue diverse.
Essere riconosciuti per il lavoro svolto è senza dubbio una soddisfazione, e non sarebbe corretto affermare il contrario. In conclusione, l’appello al silenzio stampa dei genitori di Cecilia è un gesto rispettabile da onorare, e l’informazione deve trovare il giusto equilibrio tra la libertà di espressione e la responsabilità etica nei confronti di chi si trova in difficoltà.