Il fotoreporter britannico Paul Lowe, noto per il suo lavoro durante la guerra civile nell’ex Jugoslavia e in particolare per aver documentato l’assedio di Sarajevo, è stato trovato morto il 12 ottobre sulle montagne di San Gabriel, in California. Secondo le autorità, Lowe, di 60 anni, sarebbe stato pugnalato al collo. Per il suo omicidio è stato arrestato il figlio diciannovenne, Emir, che dovrà comparire davanti al tribunale di West Covina. Non sono state fornite informazioni riguardo al movente del delitto.
Paul Lowe era un fotografo freelance pluripremiato e docente, che viveva e lavorava tra Sarajevo e Londra. Aveva pubblicato reportage su importanti testate come “Time”, “Newsweek”, “Life”, “Der Spiegel”, “The Observer” e “The Independent”. Tra gli eventi straordinari che ha documentato ci sono la caduta del Muro di Berlino, la liberazione di Nelson Mandela, il genocidio in Rwanda e la distruzione di Grozny, senza dimenticare il conflitto in Bosnia. Inoltre, aveva realizzato una monografia intitolata “Bosnians” sulla situazione bellica e post-bellica in Bosnia e recentemente aveva avviato un programma educativo online per fotografi nei paesi in via di sviluppo, in collaborazione con la World Press Photo Foundation di Amsterdam. Dal 2004, Lowe era direttore dei corsi del Master in fotogiornalismo al London College of Communication.
L’incidente che ha portato alla morte di Lowe è avvenuto intorno alle 15.28 di sabato scorso a Mount Baldy Road, vicino alle cascate di Stoddard Canyon. La polizia ha ricevuto una segnalazione di aggressione con arma letale e ha trovato Lowe con un trauma alla parte superiore del torso. I vigili del fuoco di San Bernardino hanno dichiarato il decesso della vittima sul posto. Un uomo bianco adulto è stato visto fuggire dalla scena ed è stato coinvolto successivamente in un incidente stradale a poca distanza. È stato trattenuto per ulteriori indagini e l’inchiesta è ancora in corso.
Il King’s College di Londra, dove Lowe era professore ospite di studi sulla guerra, ha espresso il proprio cordoglio, definendolo un “amico, collega e collaboratore” il cui lavoro ha avuto un impatto significativo nell’affrontare l’eredità dell’assedio di Sarajevo, sottolineando la sua energia, calore e creatività.