Andrea Tenenti, portavoce dell’Unifil, in un’intervista con il Corriere della Sera e Repubblica, descrive la situazione della missione di pace nel sud del Libano metaforicamente come quella di un “arbitro ferito” che continua a svolgere il proprio lavoro. Tenenti sottolinea l’importanza della presenza dei caschi blu nella regione, avvertendo che la loro assenza in uno scenario già conflittuale sarebbe catastrofica. Il portavoce evidenzia la necessità di rimanere sul campo anche per prepararsi al “day after” una volta conclusa la guerra in corso.
Tenenti ha confermato che ci sono stati momenti in cui una soluzione sembrava vicina, ma attualmente la violenza sta aumentando e i combattimenti si stanno avvicinando sempre di più alle loro basi, che risultano coinvolte negli attacchi. Riferendosi a un attacco recente, ha detto che era “semi deliberato”, suggerendo che la presenza di Unifil crea complicazioni per le fazioni in conflitto. Questo porta a una richiesta da parte di Israele di ritirare le forze di pace.
Quando gli è stato chiesto se Unifil dialoga con Hezbollah, Tenenti ha risposto che comunicano solo con Libano e Israele, rimanendo all’interno dei limiti del mandato della missione. Il dialogo per riportare stabilità nell’area è continuo, ma le sfide sono considerevoli. Riguardo alle dichiarazioni attribuite a vari ministri, come quelle di Crosetto, Tenenti ha affermato che è difficile rispondere a tutte le uscite pubbliche, ma ha confermato che sia Hezbollah che le forze israeliane operano nelle vicinanze delle basi di Unifil, il che può creare situazioni in cui si cercano di “fare scudo” con la loro presenza.
Ha enfatizzato l’obbligo di entrambe le parti di rispettare e proteggere i peacekeeper, altrimenti si compromette la risoluzione 1701 e il diritto internazionale umanitario. Infine, Tenenti ha assicurato che le regole di ingaggio di Unifil sono adeguate alla situazione attuale, implicando che la missione è consapevole dei rischi e sta seguendo protocolli appropriati.