Secondo le prime informazioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze, poco più di 500mila partite IVA hanno aderito al concordato preventivo biennale, garantendo all’erario circa 1,3 miliardi di euro. Questo numero è significativo rispetto a un potenziale bacino di 4,5 milioni di lavoratori autonomi e imprese, di cui 1,8 milioni con regime forfettario e 2,7 milioni soggetti agli Isa. Tuttavia, le entrate realizzate sono inferiori rispetto ai 2 miliardi inizialmente previsti. Ciò significa che mediamente ogni soggetto ha versato circa 2.600 euro.
La scadenza del 31 ottobre ha portato a interrogarsi sull’effettiva dimensione dell’evasione fiscale tra i lavoratori autonomi, poiché l’Ufficio Studi della Cgia ha messo in dubbio l’affidabilità dei dati forniti dal Mef, giudicando il concordato un “mezzo flop”. La Cgia sottolinea che mai un provvedimento di compliance era stato così specificamente progettato per coloro che sistematicamente evadono il pagamento delle tasse. Il concordato, infatti, si basava sull’idea che i contribuenti dichiarassero importi superiori nel biennio 2024-2025, consentendo così all’erario di incassare liquidità e coprire la riduzione delle aliquote Irpef per il ceto medio. In cambio, l’Amministrazione fiscale avrebbe limitato le proprie attività di controllo, concentrandosi su chi non avesse partecipato.
Secondo la Cgia, questo provvedimento ha creato la possibilità di rimandare, con un pagamento modesto, l’azione di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Di conseguenza, data la intelligenza degli imprenditori e dei lavoratori autonomi, l’adesione al concordato è risultata nettamente inferiore alle aspettative. Questo potrebbe indicare che la propensione all’evasione fiscale in queste categorie sia stata sovrastimata, contraddicendo le stime previste. In sintesi, il concordato ha avuto un’adesione limitata, e le aspettative di incasso non sono state realizzate, suggerendo la necessità di una rivalutazione delle politiche fiscali e delle strategie per combattere l’evasione.