Oggi Matteo Salvini ha dichiarato che “fare scioperi selvaggi, senza garantire fasce di garanzia significa danneggiare il Paese”, sottolineando che, per lui, questo sarà l’ultimo sciopero di questo tipo. Questo commento arriva in risposta a uno sciopero che ha causato significative interruzioni nel trasporto pubblico.
Riflettendo sul passato, nel 2015, durante il governo di Matteo Renzi, Salvini aveva espresso idee simili ma opposte. In un video, con un messaggio forte, chiamava a un’azione complessiva contro il governo, incoraggiando a fermare l’Italia per un breve periodo per “mandare a casa questo governo” e “farlo ripartire”. E insisteva su una mobilitazione potente, parlando di bloccare tutto e di non consumare per tre giorni al fine di ottenere le elezioni e tornare a un “Paese normale”.
Confrontando le due affermazioni, non si notano differenze sostanziali tra il Salvini di oggi e quello di otto anni fa. Entrambi sembrano confermare una posizione intransigente nei confronti del governo sedente, anche se oggi la sua retorica critica gli scioperi in quelle stesse modalità che prima sosteneva.
La recente posizione di Salvini si inserisce quindi in un contesto di evoluzione delle sue dichiarazioni e delle sue strategie politiche. Se nel 2015 incitava a una mobilitazione estrema, ora si pone come custode dell’ordine, enfatizzando l’importanza di azioni che non danneggino l’efficienza del Paese.
Il contrasto tra le sue parole passate e quelle attuali evidenzia una certa opportunità politica e una riflessione sul ruolo delle manifestazioni e degli scioperi nella società italiana.
Questa evoluzione nella retorica di Salvini potrebbe essere interpretata come un tentativo di mantenere il consenso in un contesto politico in continua evoluzione, cercando di apparire come un leader responsabile mentre cerca di distaccarsi dalle critiche a cui è stato sottoposto negli anni precedenti. La coerenza ideologica, quindi, viene messa in discussione, e i cambiamenti nel linguaggio politico riflettono la necessità di adattarsi alle circostanze attuali.
In conclusione, la differenza tra il Salvini di oggi e quello di anni fa sembra esistere più nella strategia comunicativa che nei principi radicali alla base delle sue posizioni.