Luci a Damasco e buio a Betlemme rappresentano il contrasto attuale nel Medioriente. La Siria, grazie alla cacciata del regime di Assad, sta riscoprendo un senso di libertà, con Damasco che mostra segni di normalità: luci natalizie illuminate, giovani che si divertono e negozi aperti. Il leader ribelle al Jolani ha promesso di tutelare il pluralismo religioso, affermando che “la Siria è di tutti”. Tuttavia, nonostante i segnali positivi, gli scontri tra le nuove autorità e i sostenitori di Assad continuano, con tragici eventi come le 17 vittime degli scontri a Tartus.
In contrasto, Betlemme vive un Natale sobrio e silenzioso. Dopo mesi di guerra, la città, simbolo della Cisgiordania, è deserta: negozi chiusi e nessun segno di festeggiamenti. La mancanza di decorazioni riflette il rispetto per i morti di Gaza e la triste realtà della carestia. La speranza rimane, ma è flebile.
Un episodio inquietante a Damasco ha scosso l’atmosfera di festeggiamento: un albero di Natale è stato bruciato a Hama da individui armati uzbeki. Questo ha suscitato proteste tra i cristiani, che denunciano la mancanza di sicurezza e un attacco ai simboli religiosi. Il gruppo responsabile potrebbe essere legato a formazioni jihadiste, alimentando il timore di un regime oppressivo simile a quelli di Libia o Afghanistan. La fiducia nelle promesse di al Jolani è limitata, date le sue origini in organizzazioni terroristiche.
A Betlemme, un raggio di speranza si è manifestato quando l’Israele ha permesso al cardinale Pizzaballa di visitare la città e celebrare la Natività, nonostante i pochi pellegrini presenti. La cerimonia è stata segnata da striscioni che chiedevano la fine del genocidio e rivendicavano il diritto dei bambini a giocare. Tuttavia, le celebrazioni sono state contenute, con l’assenza del tradizionale albero di Natale in piazza, per il secondo anno consecutivo.
Il panorama resta complesso: mentre Damasco mostra luci di vita, a Betlemme prevale l’oscurità e la sofferenza. I negoziati di pace sono fermi e la continua violenza – culminata in un raid israeliano che ha portato alla morte di 10 persone, inclusi 5 giornalisti – mette a rischio ogni speranza di un futuro sereno.