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Corte Costituzionale: Le Opposizioni Frenano l’Elección del Giudice di Meloni. Strategia dei Partiti e Conseguenze.

Nuova fumata nera in Parlamento durante la seduta comune per l’elezione di un nuovo giudice della Corte Costituzionale, che deve sostituire l’ex Presidente Silvana Sciarra, il cui mandato è terminato l’11 novembre 2023. Il tentativo di negoziare l’elezione di Francesco Saverio Marini è fallito. La scelta di non ritirare la scheda ha avvantaggiato il centrosinistra, mentre il centrodestra ha deciso di lasciare la scheda bianca per non compromettere la candidatura di Marini, già contestata sia per il suo legame con la legge sul premierato, sia per il suo ruolo come consigliere giuridico di Giorgia Meloni. Le opposizioni celebrano la loro unità, che ha bloccato l’elezione del giudice sostenuto dalla maggioranza.

Il risultato dell’ottavo scrutinio ha mostrato l’inefficacia degli sforzi: su 342 presenti, i voti dispersi sono stati 9, le schede nulle 10 e quelle bianche 323, rendendo impossibile l’elezione, che richiedeva 363 voti (la maggioranza assoluta dei 605 parlamentari). I quattro partiti della maggioranza – Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega e Noi moderati – contano in tutto 239 deputati (48 di Fi, 117 di Fdi, 65 della Lega, e 9 di Noi Moderati) e 118 senatori (20 di Fi, 63 di Fdi, 29 della Lega, e 6 di Nm), per un totale di 357 voti, sei in meno rispetto ai 363 necessari.

Inoltre, ci sono parlamentari del centrodestra iscritti al Gruppo Misto: Mara Carfagna, Lorenzo Cesa e Antonino Minardo alla Camera, Mariastella Gelmini e Giusy Versace al Senato. Questi cinque incrementano il conteggio a 362 voti, uno sotto il minimo richiesto, sempre che nessun parlamentare, inclusi i ministri, sia impegnato in altre attività ufficiali. È il caso, per esempio, di Antonio Tajani e Raffaele Fitto, in missione all’estero. Questo scenario politico complesso e le manovre in atto rivelano come la situazione rimanga tesa e conflittuale tra le diverse forze in Parlamento. Le elezioni, quindi, restano un tema caldo e di difficile risoluzione in un contesto di forte divisione.

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