Il processo Open Arms a Palermo segna un momento cruciale per Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver impedito lo sbarco di 147 migranti nel 2019, mentre era ministro dell’Interno. Il sostituto procuratore Geri Ferrara ha aperto la sua requisitoria affermando che i diritti umani devono prevalere sulla sovranità statale, sottolineando l’obbligo di salvare ogni persona in pericolo in mare, indipendentemente dalla loro identità. Ferrara ha diritto internazionale a supporto della sua posizione, enfatizzando che anche i migranti non possono essere rispediti in paesi come Libia e Tunisia, considerati non sicuri.
Durante il processo, sono emerse criticità riguardo alla gestione degli sbarchi sotto la guida di Salvini, il quale ha accentrato le decisioni in ambito di immigrazione nel suo ufficio. Ferrara ha anche contestato la narrazione secondo cui i migranti dovessero essere rimandati alla Guardia costiera libica, sostenendo che il soccorso marittimo si completa solo dopo lo sbarco e che i diritti umani non possono essere subordinati a questioni politiche.
Altri testimoni hanno affermato di non aver avuto indicazioni sui potenziali pericoli a bordo della Open Arms, e Ferrara ha evidenziato che i decreti di Sicurezza violano norme nazionali e internazionali, specialmente riguardo ai minori, a cui è stato negato lo sbarco. Anche il presidente della Repubblica aveva espresso dubbi sulle misure adottate.
La difesa di Salvini, rappresentata dall’avvocato Giulia Bongiorno, ha denunciato la requisitoria del PM come un attacco alla linea governativa, criticando il fatto che il pubblico ministero metta in discussione le politiche del governo, soprattutto il decreto Sicurezza bis, pur affermando di non voler processare l’esecutivo.
Salvini ha risposto alla situazione affermando con determinazione che mantenere la promessa di difendere i confini dall’immigrazione irregolare non è un reato, mentre Luca Casarini di Mediterranea ha auspicato che il processo porti giustizia per le vittime e non sia un atto contro l’Italia, ma contro chi disonora il paese. Questo processo rappresenta quindi una battaglia cruciale non solo per Salvini, ma anche per le politiche migratorie italiane.