Un appello arriva da pedagogisti e psicologi italiani per limitare l’uso di smartphone e social media tra i minori. Daniele Novara e Alberto Pellai richiedono al governo italiano di impedire ai giovani di possedere uno smartphone personale prima dei 14 anni e di avere un profilo sui social media prima dei 16 anni. Questa iniziativa segue il recente divieto, introdotto dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che vieta l’uso degli smartphone in classe fino alla terza media, anche per finalità didattiche.
La petizione ha già raccolto molte adesioni, tra cui quelle di celebrità e intellettuali, come Paola Cortellesi, Alba Rohrwacher, Stefano Accorsi e Luca Zingaretti. Nel documento, i firmatari chiariscono che non si tratta di una posizione anti-tecnologica, ma di un riconoscimento dei risultati delle neuroscienze. Queste hanno dimostrato che alcune aree del cervello, fondamentali per l’apprendimento, non si sviluppano completamente se i bambini e gli adolescenti sono esposti a esperienze digitali che dovrebbero invece vivere nel mondo reale.
Gli esperti evidenziano inoltre che la tecnologia ha il suo “giusto tempo”: nelle scuole dove non è consentito l’uso degli smartphone, gli studenti tendono a socializzare e ad apprendere in modo più efficace. Prima dei 14-15 anni, il cervello emotivo dei giovani è particolarmente vulnerabile agli stimoli dopaminergici offerti dai social media e dai videogiochi, che possono avere effetti negativi sul loro sviluppo psicologico e sociale.
Questa iniziativa rappresenta una risposta a preoccupazioni diffuse riguardo all’impatto della tecnologia sulla crescita degli adolescenti e cerca di promuovere un ambiente più sano, in cui i giovani possano sviluppare competenze sociali e cognitive fondamentali al di fuori dell’interazione digitale. In un’epoca in cui la tecnologia è sempre più presente nella vita quotidiana, il dibattito su come gestirne l’uso tra i bambini e gli adolescenti è diventato cruciale, e questa petizione intende stimolare ulteriori discussioni e azioni politiche in merito.