Un freno alla precarietà: la Cassazione stabilisce che dopo due contratti a termine deve scattare il tempo indeterminato. Un tempo, i contratti a termine erano visti come forme di impiego penalizzanti e il loro uso eccessivo veniva denunciato per il rischio di precarietà lavorativa. Oggi, invece, si dà per scontato che i datori di lavoro possano ignorare alcune tutele. I lavoratori con contratti a termine, privi di continuità e stabilità, spesso non godono degli stessi diritti dei lavoratori a tempo indeterminato, come la progressione retributiva e i benefici previdenziali, dovendo adattarsi alle condizioni precarie.
Gli abusi nel rinnovo dei contratti a termine sono noti, e molti datori di lavoro preferiscono evitare l’assunzione a tempo indeterminato, approfittando della legislazione vigente. La situazione è aggravata da normative sempre più complesse che sembrano penalizzare i dipendenti e non garantiscono loro la stabilità. Le regole sui contratti a termine diventano intricate, e il rispetto delle norme diventa difficile sia per i datori di lavoro che per i lavoratori.
Una recente delibera della Corte di Cassazione ha stabilito che dopo il secondo contratto a termine, il terzo dovrà necessariamente essere a tempo indeterminato. Questo è un tentativo significativo per limitare gli abusi e migliorare la stabilità lavorativa. Secondo l’ordinanza n. 25856 del 27 settembre 2024, se un lavoratore ha già due contratti a termine successivi, il contratto che segue dovrà essere a tempo indeterminato, purché stipulato entro sessanta giorni dalla scadenza del primo.
Questa novità rappresenta un cambiamento rispetto alla normativa precedente che permetteva rinnovazioni fino a quattro volte in ventiquattro mesi. Tuttavia, è fondamentale rimanere vigili sulla possibilità di abusi, poiché alcuni datori di lavoro potrebbero cercare scappatoie per eludere questo obbligo. Senza una legislazione più severa e un efficace sistema di controllo, sarà difficile garantire l’effetto desiderato di queste nuove misure nella lotta contro la precarietà del lavoro.