In una sentenza storica, l’imprenditore argentino Ricardo Adolfo La Regina è stato condannato per “danno ambientale irriversibile” e “crudeltà sugli animali” a seguito della morte di oltre cento pinguini di Magellano e della distruzione dei loro nidi nella riserva naturale di Punta Tombo, in Patagonia. Questo sito è cruciale per la conservazione di questa specie, protetta dall’UNESCO dal 2015. La Regina, nonostante fosse a conoscenza della presenza della colonia di pinguini, ha usato una ruspa per tracciare strade e installare una recinzione, causando la morte di 105 pinguini e la distruzione di più di 170 nidi.
La sentenza ha attirato l’attenzione internazionale e la pena che verrà comunicata l’11 novembre potrebbe variare tra 4 e 12 anni di prigione. La procuratrice Florencia Gómez ha descritto l’azione di La Regina come “ecocidio”, sottolineando l’importanza di questo precedente per future politiche tese a prevenire crimini contro l’ambiente e gli animali. Attraverso l’utilizzo di droni, Gómez ha documentato i danni all’ecosistema, mentre la difesa di La Regina ha tentato di sminuire le prove presentate, sostenendo che non fosse dimostrato il danno ambientale, ma i giudici hanno considerato la condotta dell’imputato severa.
Punta Tombo ospita la più grande colonia di pinguini di Magellano al mondo, una specie considerata “minacciata” dalla IUCN. Le azioni di La Regina hanno avuto conseguenze devastanti per l’habitat locale, causando danni irreversibili alla biodiversità. Nonostante fosse consapevole della situazione, ha proseguito con i lavori, credendo di avere il diritto di modificare l’ecosistema circostante in virtù della sua proprietà.
Il caso di La Regina rappresenta il primo esempio di “ecocidio” portato in un tribunale di alto livello in America Latina. Il termine, coniato negli anni ’70 dal biologo Arthur Galston, si riferisce ad atti che causano gravi danni all’ambiente. Recentemente, è stato legalmente riconosciuto, con il Parlamento Europeo che ha introdotto formalmente il crimine di ecocidio, riconoscendo la natura come vittima di reati ambientali e impegnandosi a ripristinare il 20% delle aree degradate entro il 2030 e tutti gli ecosistemi entro il 2050.