24 Settembre 2024

Entro il 2050: La Spagna verso un futuro arido e desertico

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L’apocalisse climatica si avvicina e, nonostante ciò, continuiamo a ignorarla. Uno studio del Centro di Politica del Suolo e Valutazioni dell’Università Politecnica della Catalogna (UPC), presentato durante il congresso annuale dell’European Meteorological Society (EMS) a Barcellona, mette in evidenza cambiamenti allarmanti nel clima della Spagna. Entro il 2050, il Paese subirà una transizione da un clima mediterraneo a uno arido e secco, con il 40% del territorio che potrebbe diventare desertico.

Il professor Josep Roca Cladera, dell’UPC, ha sottolineato la gravità della situazione, affermando che la siccità attualmente sporadica diventerà strutturale sia nella penisola che nelle isole Baleari. Il clima steppico, che caratterizzerà il futuro della Spagna, è caratterizzato da un’elevata evapotraspirazione e da precipitazioni molto scarse. Le proiezioni precedenti indicavano già un’evoluzione verso un clima più secco, ma il recente studio prevede un cambiamento radicale.

Analizzando l’evoluzione delle temperature e delle precipitazioni dal 1973 al 2022, i ricercatori hanno utilizzato dati forniti dall’Agenzia statale di Meteorologia spagnola (Amet) e dal servizio climatico Copernicus per effettuare previsioni fino al 2050. I risultati mostrano una chiara tendenza alla riduzione delle precipitazioni, già registrata nel periodo studiato. Se questa tendenza continua, si prevede che le piogge nella penisola iberica e nelle Baleari diminuiranno tra il 14% e il 20% entro il 2050.

Questi cambiamenti climatici rappresentano non solo una transizione da un clima mediterraneo a uno steppico, ma comportano anche la possibilità che vaste aree della Spagna diventino desertiche. Questa prospettiva solleva forti preoccupazioni per l’equilibrio ecologico e le condizioni di vita nel Paese. La gravità della crisi climatica richiede un’attenzione urgente e strategie di mitigazione per affrontare il problema prima che sia troppo tardi. L’invito è quindi a non sottovalutare questi segnali critici e a mobilitarsi per proteggere l’ambiente, migliorare la gestione delle risorse idriche e adattare le politiche climatiche alle nuove realtà preannunciate dallo studio.

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