Il processo “Ambiente Svenduto”, legato al disastro ambientale causato dalla gestione Riva dell’Ilva di Taranto, ha subito un importante cambiamento. La Corte d’Assise d’Appello ha annullato la sentenza di primo grado del maggio 2021, che aveva portato a 26 condanne per un totale di 270 anni di carcere, e ha disposto il trasferimento del processo a Potenza. La richiesta di trasferimento, già respinta in primo grado, era stata avanzata dalla difesa, argomentando che l’atmosfera a Taranto non fosse idonea per un giudizio sereno, poiché molti giudici risiedevano nei quartieri colpiti dall’inquinamento.
In primo grado, la Corte aveva inflitto severe pene, compresa la confisca degli impianti e di beni per un valore di 2,1 miliardi di euro a carico delle società coinvolte. Tra gli accusati principali vi erano Fabio e Nicola Riva, che avevano ricevuto condanne di 22 e 20 anni di carcere per vari reati ambientali e mutilazioni professionali. L’inchiesta, avviata nel 2012, aveva portato anche al commissariamento dell’Ilva, un’azione attualmente in corso.
Nel corso del nuovo processo d’appello, iniziato ad aprile in Corte d’assise a Taranto, la difesa ha ribadito la necessità di trasferire il caso a Potenza. Al contrario, i rappresentanti delle parti civili e i pubblici ministeri hanno sostenuto che fosse fondamentale mantenere il processo a Taranto, citando una recente sentenza della Cassazione che avvallava la posizione dei magistrati tarantini.
In un colpo di scena precedente, il presidente del collegio aveva sospeso il pagamento delle provvisionali, i risarcimenti iniziali previsti per circa 1.500 cittadini di Taranto e associazioni. La reazione degli ambientalisti, tra cui il gruppo Peacelink, è stata di forte delusione. Hanno avvertito che il trasferimento potrebbe compromettere gravemente la giustizia, prolungando i tempi e aumentando il rischio di prescrizione per reati gravi.
Luciano Manna di Veraleaks ha espresso preoccupazione per la situazione, sottolineando che il nuovo inizio del processo a Potenza mette a rischio la giustizia. La lotta contro l’inquinamento dell’Ilva continua, con l’impegno di Peacelink di rimanere attivi nella protezione della popolazione e delle vittime, in quella che è stata definita dall’Onu una “Zona di Sacrificio”.