Filippo Turetta è stato condannato all’ergastolo con la formula del “fine pena mai”, una sentenza che i suoi legali hanno tentato di evitare. Durante la lettura del dispositivo da parte del presidente della Corte d’Assise, Stefano Manduzio, Turetta ha mostrato un atteggiamento impassibile, con il volto scuro e gli occhi bassi. La condanna è arrivata a un anno dall’omicidio di Giulia Cecchettin, diventata simbolo della lotta contro la violenza di genere.
Il legale di Turetta ha descritto la pena come “inumana”, ma il pubblico ministero Andrea Petroni ha sottolineato che l’ergastolo moderno include opportunità di reintegrazione, diversamente dal passato. La condanna prevede un percorso rieducativo: dopo 10 anni Turetta potrà richiedere i primi permessi premio; dopo 20 anni sarà idoneo alla semilibertà; e dopo 26 anni, nel 2049, potrebbe avere accesso alla liberazione condizionata, avendo 48 anni. Questi benefici sono essenziali per la compatibilità della pena con la Costituzione italiana e garantiscono che l’ergastolo mantenga una funzione rieducativa. Attualmente, l’ergastolo ostativo, senza possibilità di benefici, è riservato ai reati di mafia e terrorismo.
Il caso di Turetta ha generato reazioni politiche significative, tra cui quella del vicepremier Matteo Salvini, che ha dichiarato sui social che la condanna è giusta e ha suggerito di obbligare Turetta a lavorare duramente per non rappresentare un peso per la società.
La condanna di Turetta si inserisce in un quadro più ampio di discussione e riflessione sulla violenza di genere e sull’assistenza ai delinquenti, evidenziando la complessità del sistema giudiziario e le diverse opinioni su come gestire la pena e la riabilitazione. Questa sentenza non solo sottolinea la gravità dei crimini di femminicidio, ma solleva anche interrogativi su come garantire la sicurezza e il benessere della società, affrontando al contempo il diritto alla riabilitazione degli individui condannati. La sentenza rappresenta quindi un momento cruciale nel dibattito sulle misure punitive e rieducative in Italia.