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Francesco Spano: Il Nuovo Capo di Gabinetto Contestato da Pro Vita

Il Ministro della Cultura, Alessandro Giuli, ha nominato Francesco Spano come nuovo Capo di Gabinetto, come annunciato dal Ministero con una nota ufficiale. Questa nomina è avvenuta dopo la revoca di Francesco Gilioli, avvenuta l’11 ottobre, motivata dalla mancanza di rapporto fiduciario. Francesco Spano, avvocato di 47 anni, è stato direttore dell’Unar, l’ufficio antidiscriminazioni razziali della presidenza del Consiglio dei ministri. La sua carriera nella pubblica amministrazione è stata principalmente nel centrosinistra, e ha collaborato con l’ex ministro dell’Interno Giuliano Amato. Ha un background che include il pluralismo religioso e culturale e un ruolo di segretario generale presso la Fondazione MAXXI. Inoltre, ha lavorato come responsabile delle politiche di dialogo interculturale per l’Istituto italiano per l’Asia e il Mediterraneo ed è stato docente all’Università La Sapienza di Roma.

Tuttavia, la nomina di Spano è stata criticata dall’associazione Pro Vita, che ha espresso il proprio disappunto sin da subito. Critiche emergono soprattutto in relazione alla sua dimissione dall’Unar nel 2017, dopo un’inchiesta di “Le iene” che lo accusava di aver finanziato circoli di prostituzione gay. Spano si era dimesso non per riconoscere colpe, ma per rispetto verso il suo ruolo e l’ufficio. Pro Vita ha raccolto quasi 15 mila firme contro la sua nomina, interrogandosi su come sia possibile che un ministro proponga una figura come Spano, soprattutto considerando la posizione di Giorgia Meloni, che sette anni fa chiese la sua rimozione e la chiusura dell’Unar.

Le critiche di Pro Vita si riallacciano a un post di Meloni del 20 febbraio 2017, nel quale chiedeva l’immediata chiusura dell’Unar e denunciava l’assegnazione di fondi pubblici a associazioni a cui Spano apparteneva. Nonostante le sollecitazioni e le critiche, l’Unar è rimasto aperto, essendo previsto da accordi europei per la lotta contro le discriminazioni. La situazione attuale sembra quindi contraddire le promesse elettorali del governo, che si erano dichiarati a favore dei valori familiari e dell’integrità morale.

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