In un contesto di severa spending review che comporta significativi tagli nell’istruzione pubblica, il governo italiano ha presentato una proposta di finanziamento per le scuole paritarie, prevalentemente scuole cattoliche. Questi istituti, regolamentati dalla legge 62 del 2000, operano come “servizio pubblico” ma richiedono il pagamento di rette. L’emendamento, presentato il 14 novembre dalla maggioranza e firmato da Lorenzo Malagola di Fratelli d’Italia (FdI), ha l’obiettivo di supportare le famiglie che scelgono scuole paritarie.
Il progetto di Fratelli d’Italia prevede l’introduzione, a partire dal 2025, di un “buono scuola” annuale fino a 1.500 euro per le famiglie con reddito ISEE non oltre i 40.000 euro, utilizzabile esclusivamente presso istituti paritari. L’importo del voucher sarà variabile in base al reddito, e sarà distribuito da un fondo annuale di 65 milioni di euro, il quale crescerà progressivamente: si partirà da 16,25 milioni nel 2025, raggiungendo i 65 milioni nel 2026 e 2027.
Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha in passato incoraggiato l’adozione di un “buono scuola” per le istituzioni paritarie, per permettere alle famiglie con minori risorse di scegliere liberamente tra scuole pubbliche e private. Tuttavia, l’assenza di questo finanziamento nella legge di bilancio ha suscitato critiche, in particolare dal mondo cattolico; Suor Anna Monia Alfieri ha avvertito che senza un sostegno economico le scuole paritarie potrebbero essere costrette ad aumentare le rette, diventando così accessibili solo a famiglie benestanti.
L’emendamento ha suscitato forti polemiche, soprattutto da parte del Movimento 5 Stelle, che accusa il governo di favorire le scuole private a discapito dell’istruzione pubblica, già colpita dai tagli previsti. I deputati del M5S in commissione cultura hanno affermato che tali provvedimenti danneggiano la scuola pubblica e incoraggiano le famiglie a optare per istituti privati, aprendo così un dibattito che promette di intensificarsi nei prossimi giorni. La questione solleva interrogativi sulle priorità del governo in un periodo di crisi economica del settore educativo.