30 Settembre 2024

Gestione di una rete di bordelli cinesi a Boston: rischia fino a 25 anni di carcere

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Una rete di bordelli cinesi attiva tra Boston e Washington ha portato Han Lee, una donna di 42 anni, a dichiararsi colpevole in tribunale. Lee, che gestiva bordelli di fascia alta frequentati da una clientela benestante tra cui politici, dirigenti aziendali e ufficiali militari, rischia fino a 25 anni di carcere, con la sentenza che verrà emessa il 20 dicembre. La sua ammissione è avvenuta presso la corte federale di Boston, dove ha confessato di aver cospirato per persuadere diverse donne asiatiche a recarsi in Massachusetts e Virginia per prostituirsi, oltre a commettere reati di riciclaggio di denaro.

Nonostante le accuse, Han Lee ha ribadito di non aver mai costretto alcuna donna a lavorare nel suo bordello. Ha chiarito che nessuna delle donne che operavano nei suoi locali era obbligata a prostituirsi, sottolineando attraverso un interprete coreano il carattere consensuale della loro presenza. Un altro imputato, Junmyung Lee, si prevede che dichiari colpevole a breve, mentre James Lee, il terzo accusato, ha scelto di dichiararsi non colpevole e sta valutando un accordo per risolvere il suo caso.

I pubblici ministeri hanno rivelato che i clienti dei bordelli pagavano tra i 350 e i 600 dollari all’ora per incontri sessuali, mostrando il lato lucrativo dell’attività, che sfruttava due siti web che si spacciavano per agenzie di modelli fotografici. Queste operazioni sono state attive almeno dal 2020 e si stima che la rete avesse un’ampia clientela, composta da centinaia di uomini, tra cui professionisti di alto profilo. Gli investigatori non hanno però identificato alcun cliente specifico.

L’avvocato di Han Lee, Joshua Levy, ha fatto sapere che le autorità stanno cercando di portare accuse a livello statale contro 28 presunti clienti in Massachusetts, ma questi procedimenti sono complicati da questioni legali riguardanti la partecipazione dei media in udienze normalmente riservate al pubblico. Nel frattempo, in Virginia, i pubblici ministeri hanno deciso di non procedere con accuse contro i clienti, non avendo trovato prove sufficienti. La situazione evidenzia la complessità di affrontare reati di sfruttamento sessuale e il coinvolgimento di figure di spicco nella rete.

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