Il processo d’appello per l’operazione Nebrodi ha portato a 65 condanne, 18 assoluzioni e 6 prescrizioni. La sentenza è stata pronunciata dal presidente della corte d’appello di Messina, Francesco Tripodi, al termine di una lunga camera di consiglio, durando più di nove ore. I giudici hanno parzialmente modificato la sentenza emessa dal tribunale di Patti, confermando molte delle accuse. Tra le 65 condanne, vi sono 2 concordati accolti, mentre solo una condanna è stata confermata integralmente.
Il processo di appello era iniziato il 14 febbraio, dopo la conclusione del primo grado avvenuta il 30 settembre 2022, in cui erano state emesse 90 condanne totali, complessivamente oltre 640 anni di carcere, 10 assoluzioni e una prescrizione. Durante il primo grado, sono state disposte anche confische di beni e somme di denaro legati a illeciti.
La maxi operazione Nebrodi si è incentrata su un sistema di truffe riguardanti fondi europei destinati all’agricoltura, un fenomeno combattuto dal protocollo Antoci, che ha preso il nome dall’ex presidente del parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, sopravvissuto a un attentato nel 2016. Questo protocollo è poi diventato legge dello Stato. L’operazione è frutto di indagini condotte dai carabinieri del Ros e dalla Guardia di Finanza, avviate con un raid il 15 gennaio 2020 che ha comportato 94 arresti, di cui 48 in carcere e 46 agli arresti domiciliari.
Le indagini hanno rivelato un’amplia rete di illeciti associati a diverse accuse, quali associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, e truffa aggravata, nel contesto di richieste di contributi comunitari gestiti dall’Agea – l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura. Inoltre, sono state analizzate le dinamiche interne ai clan operanti nella zona di Tortorici, in particolare il clan dei Batanesi e le sue relazioni con il clan dei Bontempo Scavo.
Il risultato finale del processo di appello ha messo in luce la gravità delle truffe e l’importanza delle misure di contrasto adottate per preservare l’integrità dei fondi europei.