22 Settembre 2024

I primi suoni emessi dai bambini non sono casuali.

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I suoni prodotti dai bambini durante il primo anno di vita potrebbero rivelarsi meno casuali di quanto precedentemente ritenuto. Questa ipotesi è supportata da due studi pubblicati sulla rivista Plos One e sul Journal of Autism and Developmental Disorders, condotti da ricercatori dell’Università del Texas a Dallas e dell’Università di Memphis, sotto la guida di Pumpki Lei Su. L’analisi ha esaminato le vocalizzazioni emesse da neonati e lattanti, suggerendo che questi piccoli siano molto più attivi nell’acquisizione del linguaggio di quanto si pensasse fino ad ora.

Secondo Su, le vocalizzazioni infantili non sono prodotte in maniera del tutto randomica, ma seguono schemi organizzati in cluster basati su tre categorie di suoni. Per portare avanti la loro ricerca, il team di scienziati ha analizzato registrazioni domestiche di oltre 300 bambini, osservati sia durante interazioni con adulti sia mentre giocavano da soli. Il primo studio ha riguardato i neonati con sviluppo tipico, mentre il secondo ha coinvolto bambini che avevano successivamente ricevuto diagnosi di autismo. I risultati hanno mostrato come i bambini esplorino attivamente le loro capacità vocali, sia con che senza l’interazione di un adulto, associando determinati suoni a specifici movimenti.

Negli ultimi decenni si è compreso che la lallazione rappresenta un importante precursore della parola. Su sottolinea che i genitori frequentemente segnalano urla o suoni ripetuti dei propri figli, ma ci sono pochi studi empirici che analizzano queste vocalizzazioni. Con un vasto set di dati a disposizione, i ricercatori hanno potuto esplorare a fondo i diversi pattern di vocalizzazione.

Nell’articolo pubblicato su Plos One, gli scienziati hanno esaminato più di 15.000 registrazioni di 130 bambini con sviluppo tipico. Il 40% dei file audio mostrava un numero di produzioni vocali acute nettamente superiore a quanto previsto, mentre il 39% presentava brontolii e vocalizzazioni a bassa frequenza. I tassi più elevati di questi suoni sono emersi dopo i cinque mesi di vita, e non è stata trovata alcuna evidenza di partecipanti che non avessero prodotto alcuna vocalizzazione.

L’altro studio ha dimostrato che il comportamento esplorativo è presente anche nei bambini con disturbi dello spettro autistico. Su osserva che nel primo anno di vita i bambini riescono a raggruppare i suoni in una sola categoria vocale alla volta. Sebbene alcuni schemi possano derivare da imitazione, è stato osservato che i bambini esercitano le loro vocalizzazioni sia in presenza di un genitore che da soli, suggerendo un processo di apprendimento della produzione di suoni più spontaneo di quanto si pensasse in precedenza.

Tradizionalmente si pensava che i bambini fossero destinatari passivi degli input ambientali, ma in realtà compiono attivamente varie azioni anche in modo autonomo. Nei futuri studi, il team si propone di indagare se il “parentese” (baby talk) possa risultare utile anche per i bambini con disturbi dello spettro autistico, che apprendono le comunicazioni sociali in modo differente e rispondono in modo originale agli stimoli sensoriali.

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