L’inchiesta della Procura di Prato sull’esplosione del 9 dicembre al deposito di carburanti Eni di Calenzano si sta concentrando su elementi chiave nonostante la complessità della vicenda. La tragica esplosione ha causato la morte di cinque lavoratori, e i magistrati, guidati dal procuratore Luca Tescaroli, hanno già individuato la fonte dei vapori di carburante che hanno innescato l’incidente. Recenti sopralluoghi, ai quali hanno partecipato anche consulenti, hanno fornito ulteriori spunti investigativi.
Al momento, nel fascicolo sono ipotizzati reati come omicidio colposo plurimo, crollo doloso di costruzioni e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, ma non ci sono indagati specifici. È previsto un termine di 60 giorni per la maxi perizia, e gli accertamenti stanno procedendo rapidamente, focalizzandosi su possibili errori umani e allarmi non segnalati nel corso dei mesi precedenti all’incidente.
Sotto esame ci sono stati anche i controlli su tre aziende, tra cui Eni e Sergen, effettuati due giorni dopo la tragedia. Inoltre, sono state perquisite anche le sedi della Bt Trasporti, dove lavorava uno dei deceduti, Vincenzo Martinelli. Recentemente, sono emerse lettera e segnalazioni da parte dell’Uil trasporti Toscana, risalenti a maggio, che denunciavano problemi al sistema di recupero dei vapori, ritenuto cruciale per il disastro.
La dinamica dell’esplosione è stata chiarita grazie a un video che mostra autotrasportatori impegnati nel caricamento delle cisterne. Nel video si vedrebbero operai della Sergen intenti a manutenzionare un tubo di benzina sopraelevato adiacente alla baia 6 dove i cisterne venivano caricate. Un autotrasportatore ha attivato il pulsante di allerta, dopo di che un’improvvisa fuoriuscita di carburante ha generato una densa nube di vapori. Alle 10.20 si è verificata l’esplosione devastante. I telefoni cellulari degli operai coinvolti sono stati sequestrati per ottenere una ricostruzione dettagliata degli eventi prima e dopo il disastro.