Utilizzando i dati del James Webb Space Telescope e del Chandra X-ray Observatory, un team di astronomi del NOIRLab della National Science Foundation ha scoperto un buco nero supermassiccio al centro di una galassia, risalente a soli 1,5 miliardi di anni dopo il Big Bang, che sta consumando materia a un ritmo straordinario, oltre 40 volte il limite massimo teorico. Questa “voracità” potrebbe chiarire come i buchi neri supermassicci si siano sviluppati così rapidamente nei primi momenti dell’universo. I buchi neri, noti per la loro densità e gravità immensa, crescono assorbendo gas, polvere e stelle nei loro dintorni.
Hyewon Suh, dell’Osservatorio Internazionale Gemini, ha sottolineato che l’esistenza di buchi neri supermassicci nell’universo primordiale sfida i modelli attuali di formazione e crescita di tali oggetti. Il team include anche Federica Loiacono, Giorgio Lanzuisi, Stefano Marchesi e Roberto Decarli dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, oltre a Emanuele Farina dell’International Gemini Observatory/NSF NOIRLab.
Il buco nero in questione, chiamato LID-568, esisteva quando l’universo aveva circa l’11% della sua età attuale, ovvero circa 1,5 miliardi di anni dopo il Big Bang avvenuto 13,8 miliardi di anni fa. LID-568 ha una massa circa 10 milioni di volte quella del Sole, risultando 2-1/2 volte più massiccio di Sagittarius A*, il buco nero supermassicco al centro della Via Lattea. Le osservazioni effettuate indicano che LID-568 consuma materiale a un ritmo impressionante, superando di oltre 40 volte il limite di Eddington, che rappresenta la produzione massima di energia di un buco nero in fase di accrescimento.
Julia Scharwächter, coautrice dello studio, ha spiegato che il limite di Eddington è la soglia teorica in cui la forza della radiazione prodotta durante l’accrescimento bilancia la gravità del materiale attirato. Grazie alla sensibilità all’infrarosso del telescopio Webb, il team è riuscito a rilevare le deboli emissioni di una serie di galassie, provenienti dalla survey COSMOS del Chandra X-ray Observatory. Emanuele Farina ha aggiunto che senza il telescopio Webb, sarebbe stato impossibile individuare LID-568, rendendo l’uso del spettrografo a campo integrale innovativo e fondamentale per le osservazioni.